Frank Peter Zimmermann, che proprio oggi festeggia i suoi 44 anni, è uno dei più affermati violinisti del nostro tempo e ha un buon rapporto con l’OSN Rai con cui ha inciso il Concerto di Ferruccio Busoni. Ieri sera, con replica stasera, ha eseguito il Primo Concerto op.35 di Karol Szymanowski, brano che Zimmermann ama in modo particolare definendolo “brillante incontro tra Impressionismo e profumi est europei”. vale la pena ascoltarne un estratto eseguito da lui con Simon Rattle e i Berliner Philharmoniker:
Zimmermann dichiara che per la ricercata scrittura orchestrale, per render bene il concerto necessitano ” un direttore e un’orchestra bravi quanto il violinista”. A dirigere l’OSN Rai Yutaka Sado sulla cui bravura non ci sono dubbi di sorta.
Yutaka Sado
Bravura che è emersa soprattutto nella brillante esecuzione della virtuosistica ouverture dal Ruslan e Ljudmila di Glinka che apriva il concerto e nella prima delle suite che Prokof’ev trasse dal balletto Cenerentola che lo concludeva. A introdurre la seconda parte del concerto il Dumbarton Oaks di Stravinsky, composizione per 15 strumenti che il Musicista scrisse per Woods Bliss, proprietario della villa da cui prese il nome il concerto. Uno dei migliori esempi dello Stravinsky neoclassico che propongo integralmente nella interpretazione di Ingo Metzmacher e la Radio Kammerorkest:
Domenica 1 e Lunedì 2 marzo dovrebbe (con i palinsesti tv il condizionale è sempre d’obbligo) andare in onda finalmente la fiction Puccini sulla vita del grande Compositore. Un po’ in ritardo visto che l’anno pucciniano è già terminato da due mesi, ma meglio tardi che mai. La regìa è di un veterano delle fiction televisive, Giorgio Capitani, che ha già diretto successi come Il Maresciallo Rocca: il che fa sperare in un prodotto quanto meno dignitoso. Il Musicista è interpretato da Alessio Boni, che ormai è una costante dei film tv, Andrea Giordana sarà Giulio Ricordi, Franco Castellano sarà Toscanini, Sophie Von Kessel sarà Elvira. La narrazione sarà in flash back iniziando dal 1924, anno della morte, e procedendo a ritroso col pretesto di un’intervista a Puccini in cui il Compositore ricostruisce il suo percorso artistico.
Dopo la prima puntata posso scrivere che c’è una grande assente: la musica! Quella di Puccini almeno, perché quella del M° Frisina abbonda. Alessio Boni ricorda Puccini nei baffi e nella sigaretta sempre accesa, per il resto potrebbe essere chiunque altro. Insomma mi è sembrato che la Rai sia più a suo agio quando ci sono papi, santi o marescialli, quando c’è di mezzo la grande musica invece segna un po’ il passo. E dire che fu capace di produrre un Verdi con la regia di Castellani che era un vero capolavoro. Altri tempi? altra Rai? Sicuramente, comunque aspetto la seconda puntata domani, chissà che non vada meglio?
Vista la seconda puntata: non è che sia andata tanto meglio. C’era qualche nota di Puccini in più, ma sempre centellinata. Questa fiction sembrava per la verità nata sotto il patrocinio del Ministero della Salute per promuovere una campagna antifumo: per la maggior parte del tempo si vede il Musicista che fuma alle prese con medici che sentenziano la sua fine per cancro alla laringe. Che poi Puccini fosse un operista sembrava quasi aspetto secondario. Aveva la passione per la caccia, le automobili e… le donne. Nella fiction lo si vede sparare una volta sola, guidare l’auto una sola volta (quella del sinistro), con le donne… be’ non è che anche qui gli abbiano fatto fare quelle faville che in realtà fece. La Elvira poi, donna possessiva e gelosissima, qui appariva compagna comprensiva e indulgente (a parte il licenziamento della Manfredi, anche qui comunque molto edulcorato). L’unico teatro che si vedeva: il “Giglio” di Lucca, che fungeva da Regio di Torino, Costanzi di Roma, Scala di Milano (e c’è mancato poco che fungesse anche da Metropolitan di New York). In conclusione: una vera “bischerata”, avrebbe detto da buon toscano il Maestro.
Rifacciamoci con quanto la Rai produceva e trasmetteva giusto 40 anni fa, quando aveva rispetto non solo per Puccini, ma anche per l’intelligenza e il buon gusto dei contribuenti:
(Birgit Nilsson e Gianfranco Cecchele, dirige Georges Pretre)
Karneval di Antonin Dvorak è una delle tre ouverture del ciclo Natura, vita e amore e vorrebbe rappresentare la vita. Si apre con un inizio brillante (una scena di carnevale) che simboleggia il tumulto della vita, segue una sezione centrale in cui torna a 4′:22” il tema della natura (presente in tutte e tre le ouverture) affidato al clarinetto e successivamente al corno inglese, si conclude con un vivace Allegro in cui si ricapitolano e sviluppano i temi già esposti nella prima sezione.
Eccola nella esecuzione della Boston Symphony diretta da Seiji Ozawa alla Sala Smetana di Praga nel 1993.
Una delle migliori edizioni in DVD dell’opera di Bizet. Registrata al Festival di Glyndebourne nel 1985 senza pubblico per poter effettuare una più efficace ripresa televisiva curata dal regista stesso. I punti di forza sono nella regia di Peter Hall, nella superlativa Maria Ewing, nella direzione di Haitink, nella integralità dei parlati, che finalmente danno la giusta prospettiva alla vicenda. Meno felici, dal punto di vista vocale, i due protagonisti maschili (Barry McCauley e David Holloway) che comunque si riscattano pienamente dal punto di vista scenico. La Ewing fa di Carmen non la solita femme fatale, né la procace sciupamascoli cui ci hanno abituato tante cantanti ancheggianti e provocanti, ma una donna che crede fino in fondo alla sua libertà e dignità al punto da sacrificare la vita. Il suo fascino soprattutto emana dallo sguardo e dalla prepotente personalità che riesce a imporre ogni volta che appare. Barry McCauley fa di José non il bravo figliolo rovinato da una donna assatanata di sesso, ma un edipico represso affetto da maschilismo possessivo e bloccato dalle convenzioni: l’esatto opposto di Carmen. Marie McLaughlin non carica la figura di Micaela di atteggiamenti che la facciano apparire come la solita insipida sprovveduta: è una semplice e dignitosa ragazza di campagna che sa come evitare le avance di Morales e dimostra poi coraggio da vendere nel cercare José tra i contrabbandieri. Il regista non sente il bisogno, per fortuna, di portare la vicenda ai nostri giorni o in un futuro indefinito: dimostra come si possa dare una pregnante e rivelatrice lettura pur rimanendo fedeli alle indicazioni del libretto. Non una Spagna da tour operator quella che appare, ma la Spagna che si può vedere nei dipinti di Goya. Haitink, in sintonia col regista, non fa di Carmen un caleidoscopio di colori orchestrali, né fa sfoggio di virtuosismi inutili, ma dà una lettura incisiva ed efficace dal punto di vista drammatico.
Qualche esempio che possa rendere l’idea:
Ecco l’habanera con una Ewing sensualissima, senza ricorrere al solito repertorio eccessivamente carico di mosse da adescamento erotico:
Près de remparts de Séville con una Ewing seducente più che mai nella sua gestualità essenziale:
La scena iniziale del Secondo atto, priva di ogni esotismo da cartolina Saluti dalla Spagna:
La “scena delle carte” con una Carmen intensissima e raggelante:
Il finale, tragico e intenso:
Il video è in 4:3, ma la ripresa tv è decisamente da manuale. L’audio non è tale da soddisfare le esigenze degli audiofili, ma buono in rapporto all’anno della realizzazione: se si fa un po’ di mente temporale a quanto si faceva (e purtroppo si continua a fare) in casa nostra non resta che lodare la BBC.
Era sicuramente il concerto più atteso della stagione della OSN Rai e il pubblico è accorso in massa al punto da fare il tutto esaurito. Non potrebbe essere altrimenti: Martha Argerich è un mito e Martha Argerich che suona il Concerto in sol di Maurice Ravel è il massimo che si possa ascoltare. E’ da sempre stato un suo cavallo di battaglia e forse oggi nessuno lo interpreta meglio di lei. Per non finire nella banalità delle frasi fatte e scontate meglio riascoltarlo tutto:
Ha bissato il terzo movimento: qualunque altro brano sarebbe stato fuori luogo.
Purtroppo in questi casi rischia di passare in secondo piano il direttore ed è veramente un peccato quando si tratta del bravissimo Andrey Boreyko, che ad ogni apparizione sul podio dell’OSN Rai non delude mai.
Un programma interamente dedicato alla musica francese che iniziava con Le chausseur maudit di Franck e terminava con una scelta di brani dalla Roméo et Juliette di Berlioz. Speravo che la prassi, a mio modesto avviso censurabilissima, di proporre in sede concertistica la selezione di quella che nacque nelle intenzioni dell’autore come “sinfonia drammatica con cori, soli di canto e prologo in forma di recitativo corale” fosse morta e sepolta in un’epoca in cui poi si pretende di eseguire una sinfonia di Mozart con tutti i ritornelli e si cercano di completare la Nona di Bruckner e la Decima di Mahler. Se è indubbio che i brani puramente strumentali sono più ispirati degli altri e che l’esecuzione integrale comporta uno sforzo produttivo maggiore, in tal modo si finisce con lo snaturare la composizione, che appare come un torso incompiuto. La rabbia diventa maggiore se, come ieri sera, l’esecuzione è ottima.