Václav Neumann nacque a Praga il 29 settembre 1920. Studiò al Conservatorio di Praga violino, viola, direzione d’orchestra. Fu tra i fondatori del Quartetto Smetana, in cui dal 1945 al 1947 fu primo violino. Poi la sua attività fu consacrata alla direzione d’orchestra, inizialmente in Cecoslovacchia (a Karlovy Vary e Brno) poi dal 1956 in Germania (alla Komische Oper di Berlino e dal 1964 alla Gewandhaus di Lipsia). Nel 1968 tornò a Praga come direttore principale della Orchestra Filarmonica Ceca, carica che detenne fino al 1990. Morì a Vienna il 2 settembre 1995. Sebbene la sua fama resti legata alle interpretazioni degli autori cechi, non vanno però dimenticate le sue interpretazioni mahleriane (tra cui una eccezionale Quinta con la Gewandhaus) e beethoveniane.
Propongo un ascolto smetaniano: l’Ouverture da La Sposa Venduta
Opera un po’ lontana dal nostro gusto *occidentale* questa che fu per l’Autore quasi l’impegno di una vita. Rimase incompiuta alla di lui morte e fu completata e rivista da Rimski Korsakov e da Glazunov, a quest’ultimo si deve la composizione dell’ouverture e del terzo atto. Come ormai di consuetudine, i meriti rimskiani sono in forte discussione e l’accusa di aver messo un po’ troppo di suo vale anche per quest’opera. Pavel Lamm sulla base di un manoscritto di Borodin ha proposto una diversa divisione in atti dell’opera, per cui quello che nell’edizione rimskiana è conosciuto come secondo diverrebbe primo, cosicché i due atti polovesiani sono separati da un atto “russo” e l’opera acquisirebbe così una maggiore efficacia drammatica. A questa divisione si rifà l’edizione in 2 DVD, in cui sono anche stati aggiunti alcuni passaggi, tra cui un intenso monologo del protagonista (di vago sapore musorgskiano) nel terzo atto, orchestrati da Yuri Faliek. Opera, come scrivevo prima, lontana dai nostri canoni, priva di dramma vero e proprio, epica se altre mai, quindi con personaggi privi di spessore e percorso psicologico, onde i nemici si rivelano nobili d’animo, i congiunti risultano infidi, le mogli rimangono fedeli, le principesse nemiche si innamorano, ricambiate, del giovane prigioniero e il khan nemico benedice ( non senza calcolo cmq) la loro unione….
Ci sarebbe forse da annnoiarsi mortalmente se Borodin non avesse intriso il tutto di melodie così fascinose e seducenti, che anche il musical e il cinema statunitensi negli anni 50 se ne impadronirono e Strangers in Paradise su motivi dalle danze fu uno dei maggiori successi dell’epoca. Il successo del brano fu tale che le Danze Polovesiane divennero all’epoca uno dei must della musica classica.
Anche le arie di Galitzki e di Kontchak erano nel repertorio di bassi dell’area slava (soprattutto Christoff, ma anche il giovane Ghiaurov).
(B.Christoff nell’aria di Galitzki, 1950, dirige I.Dobrowen)
Meno interesse invece per l’opera completa, rara da vedere nei nostri teatri, anche per le difficoltà di allestimento, nonché forse per la scarsa gratificazione che dà ai cantanti, chiamati a prove non indifferenti però con scarso feedback di pubblico. A me capitò di vederla solo due volte con due allestimenti di compagnie slave in tourné.
Questa edizione in DVD ripresa al Marinskij è forse la migliore occasione per conoscerla. Gergiev è secondo me il direttore ideale per questo genere d’opera, mi convince meno quando si cimenta in Ciaikovskij, quando invece è a contatto con l’epos e con l’orchestra caleidoscopica di Rimskij raggiunge altissimi risultati.
Valery Gergiev
Lo spettacolo è tradizionalissimo, un po’ invecchiato, ma forse meglio così (non oso pensare di che cosa potrebbero esser capaci alcuni registi alle prese con l’epica di quest’opera nell’eventuale presuntuoso tentativo di mostrarne incongruenze e ingenuità….), soprattutto considerando che si tratta di opera poco conosciuta ai più. Eccellenti le parti femminili: la Borodina è una Kontchakova dalla voce seducente e irresistibile,
Olga Borodina
(O.Borodina e V.Gergiev nel 1990)
la Gorchakova una Jaroslavna che non riuscirei a immaginare migliore.
Galina Gorchakova
Un po’ meno efficaci invece le parti maschili: tutte comunque di buon livello, tra cui un notevole Nikolai Putilin nel ruolo eponimo.
La grande pianista catalana si è spenta ieri a Barcellona all’età di 86 anni. Era nata a Barcellona il 23 marzo 1923, aveva iniziato lo studio del piano all’età di tre anni, iniziò la carriera internazionale nel 1947 e al 1954 risale la tourné con la Los Angeles Philharmonic. Se la sua fama è soprattutto legata all’interpretazione della musica di autori spagnoli, fu anche grandissima interprete di Mozart, Ravel, Debussy, Schumann, Beethoven, Brahms. Si era ritirata dalle scene nel 2003.
Vorrei ricordarla con una sua interpretazione mozartiana: lo splendido Larghetto dal KV 595.
Sir Colin Davis è nato a Weybridge (Surrey) il 25 settembre 1927, quinto di sette figli di un impiegato di banca. La famiglia viveva in ristrettezze economiche: abitava sopra un negozio di tessuti. In casa c’era un grammofono e una discreta collezione di dischi di musica classica che furono il primo approccio di Davis con la musica. A 11 anni fu iscritto da un suo prozio facoltoso in una scuola privata dove fu incorraggiato a studiare il clarinetto. Divenne così bravo da sonare nella banda della scuola. A 13 anni decise di diventare musicista e in particolare direttore d’orchestra. I genitori cercarono di dissuaderlo, sia per la mancanza di mezzi finanziari, sia perché convinti delle scarse prospettive economiche di una carriera dedicata alla musica. Ma la passione di Davis era così forte che a furia di tentare vinse una borsa di studio al Royal College of Music. Non gli fu permesso di frequentare il corso di direzione perché non sapeva sonare bene il pianoforte. Durante il servizio militare sonava nella banda dell’Household Cavalry. L’occasione di dirigere finalmente quando un gruppo di musicisti costituì la Kalmar Orchestra e lo scelse come direttore. Da quella orchestra nacque il Chelsey Opera Group che rappresentava opere di Mozart a Oxford e Cambridge. Iniziò allora la passione per Mozart. Il suo debutto avvenne con Der Schauspieldirektor e Don Giovanni nel 1950. L’anno precedente aveva sposato il soprano April Cantelo. Seguirono anni piuttosto duri, in cui Davis accettava qualunque incarico; purtroppo il fatto di non sonare il piano gli precludeva la possibilità di trovare impiego come ripetitore nei teatri d’opera. Nel 1957 finalmente fu nominato assistent conductor della BBC Scottish. Nel 1959 l’occasione d’oro: sostituire Otto Klemperer in un concerto con una selezione dal Don Giovanni alla Royal Festival Hall. I consensi di critica e pubblico crearono le condizioni per la nomina alla Sadler Wells dove rimase fino al 1965. La mancata nomina alla London Symphony fu per lui una grande delusione (l’incarico fu dato a Kertesz) da cui si riprese con l’incarico nel 1967 alla BBC Symphony, dove rimase per 4 anni svolgendo un’attività proficua. Nel 1971 ebbe due proposte, la nomina alla Boston Symphony e quella alla Royal Opera House, finì con l’accettare la seconda, succedendo a Georg Solti. La scelta fu determinata dal fatto che nell’incarico al Covent Garden vedeva una notevole occasione di crescita. “Volevo farmi un’esperienza della letteratura operistica che sta alle spalle di tutta la musica sinfonica”, dichiarò, “…tutta la musica veniva dall’opera, dal teatro, dalla canzone, dai riti, dalla danza. Come affrontare onestamente il nostro retaggio sinfonico senza uno sfondo teatrale alle spalle?” I primi anni al Covent Garden non furono facili (nel 1973 fu anche fischiato più volte), ma poi iniziarono i consensi e i successi. La clemenza di Tito, Idomeneo, la sua opera preferita, la trilogia dapontiana, Wozzeck,Lulu, Benvenuto Cellini, The Rake’s Progress. Anche se di molto successivo ecco un estratto del Don Giovanni alla ROH con Thomas Allen
Le opere di Mozart furono tra le realizzazioni discografiche più riuscite di Colin Davis, soprattutto Idomeneo, ma anche Le Nozze di Figaro (con una Freni e una Norman superlative) e Così fan tutte (con la Caballé). Il nome di Colin Davis era inizialmente associato, discograficamente, a Berlioz: la Philips con il producer Erik Smith fin dalla metà degli anni 60 aveva a lui affidato una fortunata serie di incisioni berlioziane, che ancora oggi fanno testo.
Durante gli anni alla ROH affrontò la messa in scena del Ring e del Tristan und Isolde. Il Ring ebbe la regia di Goetz Friedrich. Nel 1977 fu invitato, primo direttore inglese, a Bayreuth a dirigere Tannhäuser. Anche qui la regia era di Goetz Friedrich.
Contemporaneamente all’incarico presso la ROH ebbe la nomina a guest conductor alla Boston Symphony. Con essa realizzò una riuscita integrale delle Sinfonie di Sibelius, confermandosi come il più convincente interprete del compositore scandinavo. La replicò con risultati ancora migliori con la LSO.
Dal 1983 al 1993 Davis fu direttore principale dell’Orchestra della Bayerischer Rundfunk di Monaco. Nel 1991 fu nominato conductor laureate della Dresden Staatskapelle (primo ad avere tale titolo nella storia dell’Orchestra). A Dresda incise l’integrale sinfonica schubertiana e beethoveniana. Nel 1995 diviene, finalmente, direttore principale della London Symphony Orchestra, con cui aveva rapporti produttivi da almeno 30 anni, e dal 2007 ne è presidente.
Davis è anche notevole interprete della musica inglese, in particolare di Tippett, di cui è strenuo paladino, di Britten, di cui resta memorabile il Peter Grimes, di Elgar, di Vaughan Williams.
Novemila spettatori per la Nona di Beethoven. Appena la musica classica esce fuori dai suoi santuari ed è offerta a prezzi più che popolari fa subito il pieno. Più di 60 anni fa Stokovski a New York, d’accordo col sindaco La Guardia, portò la musica classica negli stadi per avvicinare ad essa chi non poteva andare ai concerti. In Italia si continua a far poco in questa direzione e quando ci sono eventi come quello di ieri sera fanno notizia. A Torino ci fu qualche iniziativa tra gli anni 60/70 al Palazzetto dello Sport: qualche concerto Rai (la Fantastica di Berlioz diretta da Celibidache, un concerto diretto da Previn…), stagioni d’opera e balletto autunnali del Regio. Poi fu Settembre Musica, che inizialmente gratuito, fece scoprire la musica classica (o almeno l’ascolto dal vivo dei concerti) a molti. E’ ancora Settembre Musica a offrire queste occasioni. Forse per non rischiare il flop si ricorre spesso alla Nona Sinfonia di Beethoven, sicuri del forte richiamo della composizione. A eseguirla ieri sera la OSN Rai e il Coro del Regio con i solisti Christiane Oelze, Barbara Di Castri, Joerg Schneider, Christof Fischesser. Avrebbe dovuto dirigere Kirill Petrenko, sostituito da Ralf Weikert.
Ralf Weikert
Date le condizioni di ascolto non esprimo giudizi sull”esecuzione (l’amplificazione mi è sembrata meno buona delle volte precedenti, ma può essere una mia sensazione). L’unica cosa che posso affermare è che è stata una Nona dai tempi alquanto veloci (un’oretta scarsa), a mio giudizio un po’ troppo. Comunque il successo in queste occasioni è assicurato in ogni caso, anche perché forse il loro obiettivo non è quello di lasciare testimonianze interpretative durature.