Un lungo, convinto e caloroso applauso finale, congelato dal chiudersi del sipario (ma perché non continuare a sipario chiuso? sono certo che gli artisti lo apprezzerebbero…), ha salutato il terzultimo spettacolo della fortunatissima stagione lirica del Superga di Nichelino, che sembra progredire ogni volta di più. Due giovani protagonisti d’eccezione in questa Cenerentola rossiniana: il mezzosoprano Cristina Melis e il tenore Enea Scala. Quest’ultimo è stato per me una vera sorpresa: voce bellissima, tecnica impeccabile, bella presenza scenica e ottima capacità di muoversi sul palcoscenico. Insomma un Ramiro che non solo non fa rimpiangere colleghi più affermati, ma che al confronto dà loro dei numeri. L’aria Sì, ritrovarla io giuro è stata da antologia e ha strappato lunghe ovazioni.

Enea Scala
Se ho dato a lui la precedenza non è per sminuire l’ eccellente protagonista, ma solo perchè non è stata per me una sorpresa: l’avevo già ampiamente apprezzata lo scorso anno nell’Italiana in Algeri ed è stata una conferma. Cristina Melis ha la voce ideale per queste parti: il timbro scuro con un registro centrale pieno, un fraseggio mobile e una vocalizzazione rapida ne fanno una perfetta interprete rossiniana. Nacqui all’affanno e il successivo Non più mesta hanno chiuso l’opera in meraviglia.

Cristina Melis
Non da meno i due personaggi buffi: il Don Magnifico di Fulvio Massa (già godibile Mustafà lo scorso anno nell’Italiana)

Fulvio Massa
e il Dandini di Claudio Ottino, che ha sostituito in extremis il previsto Carlo Morini.

Claudio Ottino
Un esempio altissimo di arte e professionalità (ha provato a ridosso dello spettacolo) inserendosi nella compagnia in modo perfetto: la parte di Dandini è quella del suo debutto, avvenuto più di 20 anni fa, e credo che pochi sappiano farla meglio di lui. Fulvio Massa ha evitato con buon gusto e intelligenza interpretativa tutto l’armamentario che spesso affligge la vocalità del buffo rossiniano rendendo un Don Magnifico misurato e mai sopra le righe. Luca Gallo, che lo scorso anno era stato un ottimo Haly nell’Italiana, si è confermato un fine artista nella parte di Alidoro cantando la difficile aria Là del cielo nell’arcano profondo. Completavano il cast le efficacisime sorellastre affidate a Silvia Felisetti e a una cantante di cui mi spiace davvero non essere riuscito a capire bene il nome annunciato in sostituzione della titolare prevista (se qualcuno volesse segnalarmelo ne sarei ben lieto). Demiurghi del riuscito spettacolo erano il regista Artemio Cabassi e il direttore Stefano Giaroli. Quest’ultimo è il presidente della Associazione Fantasia in Re nel cui ambito è nata questa ottima produzione. Esuberante e musicalissimo ha diretto i giovani dell’Orchestra di Reggio Emilia valorizzandone al massimo le potenzialità. L’entusiasmo e l’esuberanza con cui ha condotto i crescendi rossiniani hanno talvolta sommerso le voci con i suoni strumentali, ma sarebbe ingiusto fargliene un appunto viste le condizioni strutturali della sala priva di buca. Buoni gli interventi del Coro dell’Opera di Parma diretto da Emiliano Esposito.
In conclusione: una serata da ricordare. L’opera vincerà: recita lo slogan della stagione in corso al Teatro Regio di Torino. In queste realtà definite minori non è fuori luogo usare il tempo presente: l’opera vince, forse perché si fonda soprattutto sull’amore di chi la frequenta e di chi la produce.