Sabato 24 novembre 2012 si è inaugurata la nuova stagione di opera, balletto e operetta del Teatro Superga di Nichelino (TO). Un titolo di grande impegno: “Il flauto magico” di Mozart. Di quelli che in genere mettono in crisi i direttori artistici, sia per problemi di casting, sia perché i singspiele accanto ai brani cantati hanno le parti parlate (in tedesco). Si è giunti a soluzioni talvolta imbarazzanti, come quella proposta dal Regio sei anni fa che fece riscrivere per intero la drammaturgia a un noto scrittore italiano con risultati che mi astengo dal descrivere. Al Superga si è scelta la soluzione forse più ovvia, canto in lingua originale e parlati ridotti all’osso (un po’ come in alcune edizioni discografiche dei tempi del vinile) in italiano. Non credo fossero possibili alternative (se non quella della versione ritmica italiana per il canto, come ai vecchi tempi): ammesso che si fossero trovati cantanti di madre lingua abili a recitare in tedesco, ci sarebbe stato il problema della comprensione da parte di un pubblico che con la lingua di Goethe non ha familiarità (nel teatro non è attivo il servizio dei sopratitoli). Poiché l’azione è soprattutto concentrata nei parlati (salvo alcuni concertati e i finali), c’è un po’ il rischio di trasformare il singspiel in una sorta di oratorio laico, un po’ come veniva concepita l’opera in oggetto da Otto Klemperer, che rifiutò per la sua famosa incisione in studio l’inserimento di qualsivoglia parlato. Se faccio questa premessa è solo per lodare il coraggio e l’iniziativa del Teatro di proporre un’opera non consueta nelle realtà minori italiane, riuscendo a superare le difficoltà insite nella sua realizzazione. Risultato di buon livello, soprattutto musicale, grazie alla direzione di una specialista come Arienne Dorothea Agnoletto, direttrice d’orchestra che vanta Karl Oesterreicher e Sergiu Celibidache fra i suoi maestri. Ha saputo dare i giusti tempi all’opera, curare bene il canto, portare l’ottima Orchestra Filarmonica del Piemonte a una delle sue prove migliori.
Nel cast vocale spiccava l’Astrifiammante di Linda Kazani, già ascoltata un anno fa nel Galà verdiano con Leo Nucci. Le difficili arie sono state affrontate benissimo riscuotendo meritatissime ovazioni.
Benissimo anche Angel Pazos (Tamino) e Antonella Bertaggia (Pamina).
Papageno era Claudio Ottino, una conoscenza del Teatro Superga (era stato Leporello nel Don Giovanni di fine stagione). Efficacissima performance come al solito. Sarastro aveva la profondissima voce di Carlo Tallone, Papagena era la simpaticissima Stefania Delsanto, Andrea Bianchi era Monostatos. Dispiace di non poter citare i nomi delle cantanti che interpretavano le Tre Dame, poiché non sono accreditate nel programma di sala: erano molto brave e, se mi è concesso, per una volta tutte e tre carine . Bravo anche il cantante (anonimo) che interpretava lo Sprecher e i giovani nella parte dei tre geni. Una menzione all’ottimo Coro Lirico del Piemonte guidato da Sonia Franzese. L’allestimento aveva la regia di Angel Pazos (che interpretava Tamino) e era improntato al minimalismo scenico. Una pedana obliqua da cui si aprivano degli sportelli da cui uscivano di volta in volta i personaggi e un fondale su cui venivano proiettate immagini spesso simboliche, il tutto con ausilio di luci.
Impianto scenico che ha permesso uno svolgimento fluido e funzionale dell’opera. Cose già viste in altri teatri dove spesso vengono caricate di chissà quali profondi e reconditi significati. Al Superga niente di tutto ciò: il pubblico ha il buon senso di capire le esigenze di palcoscenico e di bilancio e non è propenso a farsi incantare da discorsi fumosi.