La stagione del Regio di Torino prosegue con Falstaff di Giuseppe Verdi in un allestimento coprodotto con il Lirico di Cagliari, dove andò in scena giusto un anno fa, che porta la firma di Daniele Abbado. Il Regista ambienta l’opera in uno spazio unico, una piattaforma circolare: «È uno spazio unico in continua trasformazione. Cosa si richiede a uno spazio teatrale? Che ci siano delle botole e che si possano appendere delle cose. E questa piattaforma ci permette tutto: botole, scale, elevatori, oggetti che arrivano volando, mobili sospesi… è uno spazio che permette di ricreare in modo rapido e poetico i vari ambienti dell’opera, interni o esterni, dalla camera dove dorme Falstaff alla terrazza di Alice dove ci sono i panni stesi» (intervista su Sistema Musica). I costumi sono atemporali: «Senza tempo con la esse maiuscola! I personaggi si portano dietro un po’ della loro tradizione, ad esempio Falstaff nella prima scena indossa una vestaglia e biancheria intima di tempi lontani, ma le donne hanno un’immagine teatrale di oggi: molto sensuali e libere. E’ una sorta di sviluppo teatrale della tradizione verso una sensibilità visiva senza tempo. Una commedia come questa si basa molto sulla fisicità degli interpreti» (ibidem).

Dietro la pedana una sorta di schermo che con le luci crea vari effetti. La scena un po’ vuota purtroppo crea, come avviene in tali casi, qualche precarietà acustica alle voci e meno male che sul podio c’è un direttore, Donato Renzetti, che di palcoscenici lirici se ne intende e mantiene il livello sonoro dell’orchestra su un volume adeguato (non oso pensare che cosa sarebbe avvenuto con altri, affetti da protagonismi orchestrali). A parte questa “soluzione” scenica lo spettacolo viaggia sui binari della tradizione: quindi tutto più o meno secondo libretto. Ci vengono così risparmiate alcune trovate come case di riposo con pitali, badanti e sedie a rotelle viste altrove e di cui non urge necessità.

Nel cast vocale emerge il Falstaff di Carlos Álvarez, misurato, mai sopra le righe, sempre raffinato nel canto. Non da meno il Ford di Tommi Hakala, che anche nei momenti di gelosia non trascende. Buono il Fenton di Francesco Marsiglia.

Affiatatissime le dame di Winsdor: Erika Grimaldi, Monica Bacelli, Sonia Prina, Valentina Farcas, con una mia particolare preferenza per quest’ultima, una Nannetta davvero incantevole per voce e presenza scenica.

Ottimi Patrizio Saudelli (Bardolfo), Deyan Vatchkov (Pistola) e Andrea Giovannini (Dr.Cajus). Eccellente, come sempre, il Coro.

Il pubblico ha gradito e apprezzato questo spettacolo, che ha avuto il vantaggio del confronto ravvicinato con il Tristano del mese scorso, che, diciamo il vero, aveva scontentato tutti (tranne forse qualche esponente degli ultras che vanno all’opera solo per godere delle stramberie spacciate per riletture innovative). Si replica ancora Domenica 26/11 p.v.