Archive for the ‘Stagione 2017/2018 OSN Rai’ Category

Alexander Malofeev e Myung-Whun Chung alla OSN Rai

Maggio 30, 2018
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Alexander Malofeev 

Non ancora diciottenne Alexander Malofeev è un pianista conteso dalle maggiori istituzioni musicali mondiali. Vincitore del primo premio al Concorso Ciaikovskij del 2014 è balzato alla notorietà e da allora si è esibito sui palcoscenici più prestigiosi. Debutta alla OSN Rai con la Rapsodia su un tema di Paganini op.43 di Rachmaninov, pagina di grande virtuosismo, famosa soprattutto per quella XVIII variazione

di cui anche il cinema ha fatto uso: Miklos Rozsa la inserì efficacemente nel film “Storia di tre amori” del 1953, con Moira Shearer che la danza (i giovanotti come me forse la ricordano):

Mi sono spesso domandato se questo uso della sua musica abbia veramente giovato a Rachmaninov: Breve incontro, Quando la moglie è in vacanza, Shine…etc.: mah… Comunque performance come quella di Maloseev le rendono sicuramente giustizia.

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Maloseev nella Rapsodia op.43 di Rachmaninov

Applauditissimo il giovanissimo pianista non si è risparmiato e ha concesso due bis: la Dumka op.59 di Ciaikovskij, brano eseguito al Concorso Ciaikovskij del 2014 e per chiudere in fireworks il Precipitato dalla VII Sonata di Prokof’ev, che fa sempre effetto sul pubblico come ben sanno tutti i virtuosi che se lo possono permettere.

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Maloseev esegue il Precipitato

Sul podio un atteso ritorno: Myung-Whun Chung.

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Myung-Whun Chung sul podio della OSN Rai

Il Maestro coreano ha completato la serata con una magistrale interpretazione della Terza Sinfonia di Beethoven. Esecuzione che ha mandato in visibilio il pubblico, stavolta numerosissimo (sold out), a dimostrazione che i grandi interpreti sono un forte richiamo.

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Applausi finali a Chung 

©foto M.Vernetti

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“Der fliegende Holländer” di Wagner alla OSN Rai

Maggio 25, 2018

James Conlon, direttore principale della OSN Rai, avrebbe tra i suoi progetti quello di eseguire Wagner nelle stagioni concertistiche. Lo scorso anno fu la volta della Walkiria: sciaguratamente solo il primo atto, più frustrante che un coitus reservatus; lo so che altre istituzioni ben più blasonate lo propongono, ma è una pratica da evitare, anche se sono quasi rassegnato alla proposta di un secondo del Tristano (già fatto in sede OSN anni fa), del terzo del Siegfried e di quelli dove c’è un grande duetto d’amore… Quest’anno è andata meglio: Der fliegende Holländer, opera di durata ragionevole e contenibile in una serata da concerto. Conlon mi pare che nell’interpretare Wagner si rifaccia alla tradizione di Knappertsbusch, Keilberth…, insomma sonorità roboanti, dinamiche spinte dal mezzo forte in su, temi scolpiti con forte plasticità. I personaggi vengono presentati come miti e spogliati di peculiarità umane, tranne alcuni. Siamo quindi agli antipodi dalla concezione di Karajan e prima di lui Clemens Krauss, Bruno Walter, e in cointemporanea in parte Karl Böhm, in cui la concezione diviene lirica, i personaggi umanizzati, l’orchestra di conseguenza impostata su ben altre dinamiche. Quest’ultima concezione che in passato fece tanto discutere sta oggi un po’ prevalendo forse, dicono i malpensanti, più per la mancanza di cantanti wagneriani dotati di mezzi vocali possenti che per motivazioni interpretative.

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James Conlon

Si parte dunque con un Ouverture scatenata e tale da abbattere qualunque vascello, fantasma o meno. I cantanti sono stati scelti in modo da sostenere tali dinamiche e inserirsi bene in questa concezione “mitica” dell’opera. Su tutti svetta Amber Wagner, che aveva già affrontato il ruolo di Senta a Santa Cecilia nel marzo scorso con Mikko Franck sul podio. Mezzi vocali possenti, tali da sovrastare non solo Erik, ma anche l’Olandese.

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Amber Wagner

L’Olandese è Tómas Tómasson, bene in parte, efficace nel monologo e nei duetti con Daland e Senta.

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Tomas Tomasson

Daland è Kristinn Sigmundsson, per coincidenza islandese come Tómasson, secondo me il più convincente interprete della serata, ma forse dipende anche dal fatto che Daland non viene “mitizzato” ed è lasciato nella sua umanità con debolezze e difetti, peculiarità che il Sigmundsson fa risaltare con efficacia.

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Kristinn Sigmundsson

Umanità che emerge anche nel Timoniere di Matthew Plenk, molto bravo.

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Matthew Plenk

Così come nella Mary di Sarah Murphy.

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Sarah Murphy

Rodrick Dixon ha interpretato il ruolo di Erik. Bella voce, parte forse un po’ ingrata, dovendo competere con una Senta dalla voce stentorea.

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Rodrick Dixon

I Cori Filarmonico Slovacco e Maghini hanno dato ottima prova nel primo e soprattutto nel terzo atto.

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Orchestra e Cori

Orchestra in forma smagliante, chiamata a superare una prova non da poco. L’opera è stata eseguita nella versione in tre atti, con un intervallo dopo il primo che ha dato occasione a parte del pubblico di abbandonare, forse scoraggiato dal proseguimento… I superstiti hanno tributato ovazioni calorose agli interpreti.

© foto M. Vernetti

 

Concerto Tabachnik – Lisiecki alla OSN Rai

Maggio 12, 2018

Attendevo da tempo Mirga Gražinytė-Tyla, direttrice (o si dovrà adesso dire direttora? boh?!) lituana

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Mirga Gražinytė-Tyla

invece una indisposizione (forse dovuta alla di lei gravidanza) ha portato Michel Tabachnik sul podio della OSN.

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Michel Tabachnik ©M.Vernetti

Il sito della Orchestra scrive di debutto e in senso stretto lo è, ma Tabachnik in realtà sul podio dell’Auditorium Rai diresse la Sinfonica di Torino tra il 1978 e il 1981 almeno cinque volte in più stagioni. Assistente di Pierre Boulez, diresse anche sue composizioni e alternava nei programmi musica del Novecento con i grandi classici di repertorio. I “diversamente giovani” come me che frequentavano i concerti Rai già allora lo ricordano sicuramente. In Tabachnik si sente l’influenza di Boulez nello stile interpretativo, lucido, asciutto, privo di ridondanze, in perfetta aderenza alla partitura. Non è un caso, forse, che abbia diretto Debussy e Bartók, autori molto cari al suo mentore. È vero che erano già in programma per un’altra bacchetta, ma chiamare Tabachnik a sostituirla è stata, a mio giudizio, una scelta molto indovinata. Il Prélude à l’après-midi d’un faune ha avuto il notevolissimo valore aggiunto del flauto di Giampaolo Pretto, nel Concerto per orchestra di Bartók, pagina frequente all’OSN, le singole prime parti hanno avuto modo di mettere in luce tutte le loro altissime qualità in una performance elegante e sobria.

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Michel Tabachnik sul podio della OSN Rai ©M.Vernetti

Jan Lisiecki invece è al suo ritorno nelle Stagioni OSN Rai: due anni fa aveva eseguito il Primo Concerto di Chopin, adesso propone il Secondo op.21. Giovanissimo, 23 anni, si esibisce in tutto il mondo con notevoli successi.

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Jan Lisiecki esegue Chopin alla Rai © M.Vernetti

Chopin è il suo autore prediletto, anche per le origini polacche della famiglia. “La musica di Chopin è così intrisa di un anelito verso la sua terra che, ascoltandola si riesce a penetrare nella sua cultura. Ma come ogni grande artista Chopin è anche universale, le emozioni che riesce a trasmettere arrivano a qualsiasi pubblico del mondo.” “Io sono nato in Canada, ma la mia famiglia è di origini polacche. La prima volta che l’ho suonato a Varsavia, alla prestigiosa Philharmonic Hall, in platea c’erano i miei nonni. Era la prima volta che mi ascoltavano. E stato molto emozionante per loro e anche per me.” (da un’intervista al Corriere).

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Jan Lisiecki rispone agli applausi © M.Vernetti

Anche stavolta ha conquistato il pubblico torinese (aveva anche sonato al Regio nel Quarto di Beethoven un paio di anni fa). Come bis lo stesso della volta scorsa: Träumerei da Kinderszenen di Schumann.

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Applausi finali © M.Vernetti

In definitiva una bella serata: rimane almeno in me il cruccio di non aver visto Mirga Gražinytė-Tyla, spero nel futuro…

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Mirga Gražinytė-Tyla

Mark Elder e Stephen Hough alla Stagione Rai

aprile 14, 2018

Sir Mark Elder è, salvo errori, al suo debutto di fatto a Torino. Ho scritto “di fatto” perché un suo concerto programmato nel 2009 al Regio fu annullato per sciopero. Settantanni ben portati, è direttore della Hallé Orchestra di Manchester e della Orchestra of the Age of the Enlightenment. È un ottimo direttore e lo dimostra già nello schierare l’orchestra secondo lo schema classico, opponendo i primi e secondi violini, con le viole a fianco dei primi. Sarò forse un “fissato”, ma è fondamentale nella resa dei brani rispettare l’organico e la disposizione secondo cui furono concepiti dagli autori (tra l’altro, non riesco a capire perché si insista nella disposizione Filarmonica di Berlino, adottata soprattutto da Karajan, con le viole a destra, con cui il grande Maestro creava amalgami sonori di cui le bacchette che si alternano sul podio della OSN non sono neanche lontanamente capaci, tanto vale tornare a quella “stereo” con i violoncelli a destra, come si faceva nel passato remoto, o meglio ancora attenersi a quanto concepito dagli autori). Elder già con questo suscita immediatamente la mia ammirazione. Ancor di più dirigendo magnificamente La colomba selvatica di Dvorák, poema sinfonico ispirato a una ballata di Erben.

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Mark Elder sul podio della OSN Rai © M.Vernetti

Stephen Hough era già stato ospite della OSN nel 2004, è un pianista che ama soprattutto il repertorio in cui mettere in luce il suo virtuosismo trascendentale. Allora eseguì Saint-Saëns stavolta Rachmaninov: il Primo Concerto. Grande performance applaudita con calore e insistenza.

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Stephen Hough nel I di Rachmaninov © M.Vernetti

Naturalmente bis: non poteva che essere Debussy (visto il centenario), Clair de lune. Ancora applausi e chiamate, ma Hough non replica.

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Mark Elder dirige Elgar © M.Vernetti

Seconda parte dedicata a Elgar: le famose Enigma Variations op.36. Bellissima esecuzione con ottima prova dell’Orchestra. Elder raccoglie applausi da pubblico e orchestrali. Li merita e speriamo che torni presto.

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Applausi finali ©M.Vernetti

Gustavo Gimeno e Mario Brunello alla Stagione OSN Rai

aprile 7, 2018
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Gustavo Gimeno sul podio della OSN Rai ©M.Vernetti

Di Valencia, poco più che 40enne, Gustavo Gimeno, dopo essere stato percussionista dal 2001 al 2013 della Concertgebouw Orchestra di Amsterdam e aver studiato direzione d’orchestra al Conservatorio di Amsterdam, ha iniziato come assistente alla direzione della Concertgebouw nel 2012/13 per poi debuttare nel 2014 con la stessa Orchestra collaborando con Mariss Jansons. Vanta collaborazioni con Lorin Maazel, con Claudio Abbado e Bernard Haitink. Dal 2015 è direttore principale della Filarmonica del Lussemburgo. È al suo debutto con la OSN Rai.

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Mario Brunello © M.Vernetti

È invece una presenza abituale a Torino Mario Brunello, che giustamente attira molti fan a ogni suo concerto. Così è stato anche stavolta in cui ha eseguito il Concerto in la minore op.129 di Schumann. Composizione del periodo düsseldorfiano, che gode di una notevole frequenza nelle sale, anche per la non vasta produzione di opere per violoncello e orchestra. Brunello ne ha dato una splendida esecuzione in perfetta sintonia con l’Orchestra.

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Mario Brunello esegue il Concerto di Schumann ©M.Vernetti

Esecuzione applauditissima: a tante ovazioni Brunello ha concesso un bis bachiano nell’armonizzazione di Schumann accompagnato dall’Orchestra. La serata è iniziata con l’Ouverture Die Zauberarfe di Schubert. Brano conosciuto soprattutto perché posto dall’Autore nelle musiche di scena per Rosamunde. La seconda parte della serata è stata dedicata a Igor Stravinsky (di cui ricorre l’anniversario della morte, ma forse è solo una coincidenza): L’oiseau de feu, di cui è stata eseguita la suite che Stravinsky trasse nel 1945. È la terza delle suite tratte dal balletto, dopo quella del 1911 e quella del 1919 (la più conosciuta ed eseguita). Più che da motivi artistici l’Autore era spinto da motivi “economici” (diritti d’autore) a rivedere queste partiture: la suite del 1945 aggiunge circa 10 minuti di musica a quella del 1919, l’organico è identico, ma l’orchestrazione è leggermente diversa (ma bisogna avere un orecchio attento e allenato per percepirne le differenze). La mia preferita è quella del 1919. Il brano stravinskiano è stato preceduto dal Preludio tratto dalla Suite dall’opera L’invisibile città di Kitezh di Rimsky-Korsakov, a sottolineare i retaggi rimskiani presenti nel balletto di Stravinsky e le inevitabili diversità. Gimeno ha dato delle due composizioni un’esecuzione quanto mai convincente, riscuotendo meritatissimi applausi.

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Gimeno dirige L’uccello di fuoco ©M.Vernetti