TURANDOT di Puccini dal Teatro San Carlo di Napoli in diretta/differita su Rai 5

Da una inaugurazione all’altra. Dopo il Mefistofele dall’Opera di Roma e il Don Carlo dalla Scala domani Turandot dal San Carlo di Napoli. Lo spettacolo ha la regia di Vasily Barkhatov e la direzione di  Dan Ettinger. Nei ruoli principali: Sondra Radvanovsky, Yusif Eyvazov, Rosa Feola, Alexander Tzymbalyuk, Nicola Martinucci, Alessio ArduiniGregory Bonfatti, Francesco Pittari, Sergio Vitale. Maestro del coro: Piero Monti. Qualche anticipazione dalle note di regia:

«Si tratta di una storia meravigliosa che racconta di come potrà essere salvato lʼamore di Calaf e Turandot. Vista la mia origine, ho pensato immediatamente alla somiglianza con unʼaltra storia operistica, quella di Ruslan e Ljudmila, là dove proprio allʼinizio lei viene rapita il giorno delle nozze e lui deve affrontare sfide e pericoli di ogni tipo per riportare a casa sua moglie. Allo stesso modo, Calaf deve affrontare la sua sfida mortale per conquistare Turandot. Ho quindi inserito allʼinizio un prologo allʼopera in forma di breve film, in cui ho immaginato questo: Calaf e Turandot sono già una coppia, vivono insieme. Si ritrovano con altre persone al funerale del padre di Calaf, Timur (abbiamo girato questa scena nella splendida chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napoli). Si rimettono in auto dopo il funerale e scoppia una lite, dalla quale si capisce che Turandot non aveva un buon rapporto con Timur, ma anche che lei ha un problema non risolto con gli uomini, per via della violenza subita dallʼantenata (Lo-u-ling), tanto che Turandot non vuole più sposarsi per paura di diventare anche lei una vittima della violenza maschile. Lʼaltro motivo di scontro tra i due è la morte di Liù, precedente fidanzata di Calaf che lui ha abbandonato per Turandot, per cui la ragazza si è uccisa tagliandosi le vene. Dunque la coppia è entrata in crisi profonda tanto da essere sul punto di separarsi, quando si vede improvvisamente la luce accecante dei fari di un camion di fronte alla vettura e si sente il rumore di un terribile incidente».

«A questo punto si apre il sipario che mostra, sulla scena, i resti della macchina incidentata, Turandot illesa e il personale di una ambulanza che cerca di intervenire sul corpo terribilmente ferito di Calaf. Ma il pubblico vede Calaf aggirarsi sulla scena senza riuscire a capire perché il suo corpo è lì per terra e perché Turandot non lo vede. Pian piano si rende conto di essere nella tipica situazione intermedia tra la vita e la morte, in attesa che qualcosa accada. A questo punto appare una equipe medica che tenta in una sala operatoria di intervenire sul corpo di Calaf, entrato in coma, mentre lui fissa la sua memoria sulla chiesa dove era appena avvenuto il funerale del padre. Il coma provoca una visione distorta della realtà da parte di Calaf. Naturalmente vi sono tante situazioni intermedie e tutto quello che lui vede nella stanza operatoria si trasforma nel mondo parallelo del coma in una nuova realtà distorta: per esempio i tre medici con le mascherine diventano i ministri Ping, Pang e Pong e la lampada chirurgica si trasforma nella luna nel cielo di Pechino. Questi personaggi parlano di tortura, di morte, e pronunciano la frase che per il mio spettacolo è una chiave fondamentale: “Turandot non esiste!”, tentando di scacciarlo da quel luogo come se volessero rimandarlo nella vita vera, essendo quello solo un miraggio, una fiaba, il nulla. Quindi tutto il primo Atto è visto dalla prospettiva di Calaf che lotta per restare in vita, e così vivere accanto al suo amore Turandot».

«Nel secondo Atto succede una cosa strana, prima della scena degli enigmi: Puccini utilizza la stessa musica dellʼinizio dellʼopera, con le stesse parole del Mandarino: “Popolo di Pechino! La legge è questa…”, come se stesse ricominciando tutto. E in quel preciso momento il nostro spettacolo torna alla scena iniziale dellʼincidente, con i fari che abbagliano e il rumore. Tutto come prima ma questa volta Calaf è illeso ed è Turandot che si aggira, mentre il suo corpo combatte tra la vita e la morte. Poi la sala operatoria con i medici che tentano di salvare lei questa volta. Secondo atto e altra possibilità in sliding doors: questa volta la prospettiva è quella di Turandot che lotta per sopravvivere e per restare con Calaf. Il secondo Atto è suo, è il sogno di Turandot tra la morte e la vita. Ho voluto che Turandot indossasse non un bellissimo costume da principessa, ma unʼarmatura, come Giovanna dʼArco, impenetrabile agli uomini. Allo stesso tempo, la scena degli enigmi è fortemente influenzata nei suoi esiti da quel che succede nella sala operatoria». «Lui potrebbe morire, ma sappiamo come prosegue e finisce la partitura completata, il duetto dʼamore e il lieto-fine. Loro escono dalla porta posteriore verso non si sa che cosa, un non luogo, e mentre il coro intona il finale, la sala resta vuota e riparte il film, con la scena delle luci accecanti del camion prima dellʼincidente. Ma questa volta non succede nulla, lʼauto si ferma e tutti sono salvi. Tutto quel che i due protagonisti avevano vissuto nella fantasmagorica visione del mondo parallelo era stato un sogno della durata di un istante, il tempo tra lʼarrivo delle luci e la loro fermata. Hanno immaginato tutte le conseguenze di un incidente che non cʼè mai stato. Si guardano lʼun lʼaltro, si abbracciano e realizzano che vogliono vivere il loro amore, non ha senso litigare e combattere tra loro».

Domani sera alle 21:15.

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