“La Dama di picche” di Ciaikovskij con la regia di Dodin in DVD

La TDK ha pubblicato in 2 dvd l’allestimento della Dama di Picche di Ciaikovsky curato da Lev Dodin, che  fece tanto scalpore a Firenze 11 anni fa e di cui seguii la diretta radio, ascoltando i *buu* e i fischi  all’indirizzo del regista. I DVD ne riproducono la ripresa all’Opéra Bastille con un altro cast.
La Dama di Picche, o forse più correttamente La Donna di Picche, è secondo me il vertice della produzione teatrale e musicale di Ciaikovsky. Il soggetto è tratto da una novella di Pushkin che Vsevolosky, impresario del Marinsky, aveva in un primo tempo commissionato a Klenovsky che però rinunciò. Modest Ciaikovskij la propose al fratello. L’originale pushkiniano poco piaceva però a Piotr Ilyic, in particolare non si ritrovava in quel finale “aperto” in cui il protagonista, German, impazziva e Liza finiva in moglie a un altro. Modest finì col manipolare il tutto facendo di German più che un avido giocatore che vuol riscattare con le vincite in denaro la sua origine sociale ed elevarsi di rango soprattutto un uomo che non riesce a realizzarsi sentimentalmente e tenta di sublimare nel gioco la sua impotentia amandi, male che affligge ciaikovskianamente anche gli altri personaggi. Ciaikovsky fu folgorato da questo rifacimento e finì  con l’identificarsi col protagonista  terminando febbrilmente l’opera in soli 44 giorni nell’inverno del 1890 a Firenze. Opera che si conclude col suicidio di Liza prima e poi di German: quel suicidio che l’Autore covava da tempo e con cui terminerà i suoi giorni tre anni dopo. Nell’opera sono presenti e perfettamente fuse in un tutto organico le componenti della poetica ciaikovskiana: il fato, l’impossibilità di amare all’interno delle istituzioni, l’autobiografismo, il culto per il Settecento e una conoscenza notevolissima degli autori del periodo, l’amore sconfinato per Mozart, l’ammirazione per la Carmen di Bizet….

Lev Dodin

Dodin invece non convinto forse delle scelte dell’Autore sembra voler tornare all’originale pushkiniano, per cui German non si suicida, ma impazzisce e rivive in flash back le vicende che vengono presentate come frutto della sua immaginazione malata, al punto che nel personale e nei degenti dell’ospedale psichiatrico sembra veder reincarnata parte dei personaggi della vicenda. Liza, così almeno mi è parso di capire, lo assiste in corsia per poi abbandonarlo quando ha da lui la conferma che è causa della morte della Contessa. Questa operazione di regìa non è però indolore, in quanto Dodin è costretto a manipolare struttura e parti dell’opera. Da tre atti e sette quadri viene divisa in due parti in unico quadro (l’ospedale in cui è ricoverato German). Alcuni tagli si impongono (in particolare gli interventi della folla nel Giardino d’Estate) in quanto non inquadrabili in alcun modo, altrove vengono cambiate le parole (il canto dei ragazzi del primo quadro, in cui in questo caso interviene German delirando), nel racconto di Tomski la Contessa canta le parole a lei attribuite, l’intermezzo pastorale è affidato alle voci di German, Liza e la Contessa, anziché Polina, Tomski e il soprano che impersona Chloé… e potrei continuare, ma mi fermo per non appesantire troppo l’articolo. Considerando che non tutto è ben risolto e che le forzature rimangono numerose sorge il dubbio che Dodin avrebbe dovuto modificare ancor di più…. Vengono inoltre sacrificate molte componenti care all’Autore: insomma viene fuori forse proprio l’opera che Ciaikovsky non voleva comporre. Quanto tutto ciò possa giovare alla sua comprensione francamente non saprei [può essere che Dodin volesse dimostrare che cosa sarebbe stata l’opera se l’Autore non avesse manipolato Pushkin?]: di fatto comunque un’operazione del genere può essere interessante per chi conosce benissimo quest’opera, ma è a mio parere decisamente fuorviante per chi, e sono forse la maggioranza, la ignora o conosce pochissimo. Mutare il finale non è poi roba da poco, soprattutto se a farlo non è l’Autore. Accettata la proposta di Dodin gli va comunque riconosciuto il merito di una regìa magistrale e superlativa, al punto che ci si duole davvero che le proposte più “filogiche” soffrano poi di regìe inesistenti che lasciano i cantanti abbandonati alle loro capacità sceniche individuali. Qui non c’è un momento di stasi o di inerzia: una cura maniacale di ogni movimento ed espressione domina il tutto.
I cantanti si rivelano attori consumatissimi, soprattutto Vladimir Galouzine, perennemente presente in scena, è davvero ineguagliabile.

Vladimir Galouzine

La parte musicale (fatte le eventuali riserve per tagli e modifiche) è a dir poco eccelsa. A cominciare dalla direzione di Gennadij Rozhdestvenskij, perfetta, credo la migliore che io abbia sentito (e penso di aver sentito tutte quelle disponibili in riproduzione): tempi più lenti del solito, una angoscia onnipresente che spegne ogni possibile empito sentimentale, l’idea di morte (che poi in scena manca, fatta eccezione per la Contessa) dominante.

Gennadij Rozhdestvenskij

I cantanti dimostrano di sapere perfettamente che in quest’opera più che mai l’espressione conta. Ogni frase, ogni parola è cantata col giusto accento. Galouzine non sempre riesce a reggere la massacrante parte di German e talvolta è in difficoltà vocale, ma va detto che in questo allestimento è costretto a stare sempre in scena con un’unica pausa. Hasmik Papian è una Lisa quanto mai efficace sia vocalmente che scenicamente e ci si duole che non sia molto presente nei nostri teatri.

Hasmik Papian

Di alto livello le performance di Irina Bogaceva (la Contessa) e Nikolai Putilin (Tomski). I parigini non si lascian sfuggire l’occasione di applaudire calorosamente Ludovic Tezier (Eleckij), che comunque nonostante canti bene l’aria è forse il meno convincente del cast. Concludendo una Donna di Picche dedicata a chi già conosce l’opera e desidera una inedita prospettiva di lettura. Delle altre edizioni video la più interessante come allestimento è secondo me quella con la regìa di Vick  realizzata a Glyndebourne, afflitta però da un German insopportabile e da un cast (con l’eccezione di Leiferkus) un po’ da routine. Quella del Marinskij diretta da Gergiev ha una regìa di un esasperato didascalismo firmata Temirkanov, la parte musicale delude. È reperibile un polveroso allestimento del Bolshoi con un eccellente Atlantov nella parte di German e un’incisiva Obratzova come Contessa. C’è poi il DVD con l’allestimento viennese di Kurt Horres e la direzione di Ozawa, di cui ho già scritto in questo blog. Rimane da sperare che venga prima o poi riversato in DVD lo spettacolo del Met diretto da Gergiev con Domingo, la Gorchakova e un meraviglioso Hvorostovkij di cui youtube dà appetitosi stuzzichini: potrebbe essere l’edizione cui far riferimento per un appagante fruizione dell’opera.

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