“Il Flauto Magico” diretto da Sawallisch su ZDF

Nella serie “Die schoensten Opern aller Zeiten” (autentica abboffata lirica di due mesi in corso sulla rete tedesca ZDF Theaterkanal) è andata in onda la scorsa settimana una celebre edizione di “Die Zauberfloete” di Mozart registrata al Teatro Nazionale di Monaco di Baviera nel 1983. La conoscevo già, anche perché trasmessa dalla TV italiana in tempi in cui c’era ancora spazio per l’opera lirica. Un video che fu considerato di riferimento all’epoca del VHS e che ancora oggi mette d’accordo sia i difensori ad oltranza degli allestimenti secondo tradizione sia gli appassionati degli allestimenti creativi sempre più frequenti nei teatri. Lo spettacolo in oggetto, firmato August Everding per la regia e Wolfgang Sawallisch per la direzione d’orchestra, è uno degli esempi più paradigmatici di un modo di far teatro lirico che oggi in parte non c’è più, soprattutto nei grandi teatri e soprattutto in area austro-tedesca. Il cast vocale raduna quanto di meglio circolava allora in questo repertorio: c’è il Sarastro di Kurt Moll, la Regina della Notte di Eva Gruberova, la Pamina della compianta Lucia Popp, il Tamino di Francisco Araiza, il Papageno di Wolfgang Brendel; tutti colti nel loro momento migliore…. Lo spettacolo è quanto di più tradizionale ci potrebbe essere, con tanto di drago fumante, animali che ballano e schiavetti neri che ridono… Il tutto musicalmente amministrato dalla bacchetta sicura di Wolfgang Sawallisch, allora direttore del Teatro di Monaco di Baviera. Non è però difficile scorgere anche i limiti di siffatte produzioni: lo spettacolo è ripreso nel 1983, ma sono quasi certo che 20/30 anni prima fosse analogo, il che se da un lato dà sicurezza agli interpreti dall’altro ne spegne in parte entusiasmo e creatività, soprattutto scenicamente e specie se il regista si limita (come mi pare in questo caso) a dare sommarie indicazioni, lasciando poi ognuno di cavarsela alla meglio, tanto la parte la conoscono già. Latita insomma quell’affiatamento, quella gioia di operare insieme che spesso si vede in produzioni più recenti, peculiarità senza le quali il teatro rischia di mummificarsi. Sawallisch dal canto suo non fa molto per eccitare i cantanti, dà un’ennesima prova delle sua innegabile professionalità di kapellmeister, si dimostra custode di una tradizione che iniziava già a scomparire, però non si ascolta nulla di particolarmente personale e ispirato. La rappresentazione si concentra nella esecuzione delle arie dei singoli interpreti e il pubblico festante e plaudente sembra in fondo essere andato a teatro soprattutto per ascoltare queste non lesinando applausi che spesso creano soluzione di continuità. A Glyndebourne negli stessi anni si faceva di molto meglio, restando nella tradizione e senza avventurarsi in letture bizzarre: lo spettacolo di John Cox e David Hockney, rilevato poi dal Met, è un autentico capolavoro di grazia e poesia, che in quello di Monaco tutto sommato in parte mancano.

Qualche aria significativa dello spettacolo in oggetto:

-L’aria di Tamino, con un Araiza davvero in ottima forma:

-L’aria di Papageno, con un Brendel dal timbro affascinante:

-Nuovamente Brendel nel duetto Papageno-Papagena, con Gudrun Sieber, una delle scene più riuscite e simpatiche dello spettacolo:

-Per concludere: l’irrinunciabile aria della Regina della Notte, con Edita Gruberova:

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