LA DAMA DI PICCHE di Ciaikovski in DVD. Dirige Ozawa, canta Mirella Freni.

Copertina della "Dama di Picche" ©Sony

La Sony ha pubblicato di recente questa edizione de “La Dama di Picche” di Ciaikovski. È una registrazione effettuata dalla ORF alla Wiener Staatsoper il 16 maggio 1992 già trasmessa più volte in passato sui canali tv austrotedeschi. Ciò forse spiega il prezzo relativamente economico della pubblicazione (intorno ai 20 euro). Quel che rende interessante la proposta è soprattutto la presenza di Mirella Freni nella parte di Liza. La Freni è stata una delle migliori interpreti di questo ruolo ed era giusto che venisse immortalata anche in DVD.

Mirella Freni nel ruolo di Liza alla Wiener Staatsoper © A.Zeininger

Accanto a lei il German di riferimento di quegli anni: Vladimir Atlantov.

Vladimir Atlantov nel ruolo di German alla Wiener Staatsoper © A.Zeininger

Il cast è di lusso annoverando anche l’eccellente Tomskij di Sergei Leiferkus, lo Eleckij di Vladimir Chernov, la Polina di una giovanissima Vesselina Kasarova

La Kasarova e la Freni nella seconda scena del primo atto © A.Zeininger

La chicca della serata è comunque l’impressionante Contessa di Marta Mödl ottuagenaria, qui al cinquantesimo anniversario del debutto sulle scene. Seiji Ozawa è uno degli interpreti più attendibili di quest’opera, forse la sua migliore prova in campo operistico. L’allestimento, curato dal regista Kurt Horres, purtroppo fa dei tagli nella partitura dell’opera, che in verità è ultimamente spesso bersaglio di operazioni chirurgiche da parte di registi che sembrano aver la pretesa di saperne più dei compositori in fatto di teatro d’opera. Horres sposta l’ambientazione dell’opera di almeno un cinquantennio, portandola dalla fine del Settecento all’Ottocento, di conseguenza taglia ciò che  più faceva riferimento al XVIII secolo. Dopo il preludio taglia il n.1 e passa subito alla Scena tra Chekalinskij, Surin, Tomskij e l’Arioso di  German. L’effetto è quasi da pugno nello stomaco: quale compositore avrebbe mai fatto iniziare un’opera così? Certamente non Ciaikovskij. Nel secondo atto è tagliato tutto il n. 14 (l’Intermezzo pastorale), cosicché il primo quadro dell’atto II ha una durata ridotta che compromette l’equilibrio del tutto e toglie efficacia ad alcuni momenti. Credo che Horres volesse rappresentare una Russia ottocentesca volutamente arretrata e squallida, in contrapposizione al Settecento di Caterina II, di cui la Contessa è una testimone ancora vivente, secolo che qui è un ricordo lontano e mitico: l’unico momento in cui la scena si illumina è quando Liza dà le chiavi a German, che immaginando di penetrare nella camera della Contessa sente in lontananza l’inno (stavolta quasi evocato mentalmente più che sonato nella scena) “Gloria a te, Caterina!”. La Contessa diventa un fenomeno di longevità, dovrebbe avere almeno 120 anni o più visto che ricorda  nientemeno i tempi di Luigi XV, in cui lei era a Parigi. La sua camera è un simulacro del Settecento. Sembrerebbe che a spingere German non sia solo la brama di diventar ricco con le “tre carte”, ma anche il fasto di un mondo finito per sempre, un mondo che non c’è più e in cui lui avrebbe voluto vivere. Tutto ciò potrebbe essere spiegato col fatto che l’Autore si era identificato con German e adorava il secolo dei lumi. Il Settecento in quest’opera però non è solo una cornice decorativa che si può eliminare, fa parte integrante di essa: lasciarlo così come “mito” mi pare molto riduttivo e controproducente. Tagliare il Coro dei bimbi, all’inizio, che rievoca Carmen, quasi fosse un pleonasmo, è scelta poco felice. I riferimenti all’opera di Bizet, che l’Autore amava, sono essenziali (il tema del destino, la chanson a boire di German, sorta di habanera in postfazione), toglierne anche solo uno è censurabile. Tornando alla parte musicale, Ozawa ripete l’efficace direzione degli anni precedenti a Milano e Boston con il valore aggiunto di una orchestra come i Wiener Philharmoniker. La Freni si conferma la splendida Liza delle performance precedenti. Atlantov non è più il body-builder vocale della versione discografica degli anni 70, ma neppure l’interprete completo e, secondo me, inarrivabile di quella in video del Bolshoi del 1983, comunque anche qui è un German che rimane un punto assoluto di riferimento. Leiferkus è un Tomskij meraviglioso per voce e fraseggio. Trovo invece deludente Chernov come Eleckij. L’abitudine di scritturare per la parte della Contessa pensionate della lirica sta facendo sì che questa parte stia diventando la peggio cantata del mondo dell’opera. Marta Mödl, ottantenne, fa quello che può: essendo il 50° del debutto è la sua festa, il pubblico applaude in standing ovation e la performance vale più che altro come documento. Sorge quasi il dubbio che questo allestimento così postdatato sia stato costruito ad hoc per celebrare la Mödl e giustificare in tal modo una Contessa così invecchiata, anche vocalmente. La Polina della Kasarova invece è un vero incanto.

Ottima la ripresa tv di Brian Large. La ripresa del suono fatta dalla ORF, sebbene datata 1992, è esemplare. La pubblicazione sembrerebbe destinata a chi conosce a memoria l’opera o a chi ha una conoscenza perfetta della lingua russa: nessun sottotitolo in alcuna lingua! Grazie all’eccellente ripresa sonora si percepisce ogni singola parola, comprese quelle degli urlacci della Mödl.

Da segnalare qualche svista editoriale: nei titoli di coda la parte di Tomskij non è accreditata a Sergei Leiferkus, che di fatto ne è l’interprete,  bensì a Valery Alexeiev. A Leiferkus viene in compenso accreditata l’immagine che ritrae invece Vladimir Chernov nel booklet allegato. In conclusione si direbbe che la Sony non abbia posto una eccessiva cura in questa pubblicazione.

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