Archive for the ‘MUSICA CLASSICA’ Category

Fiorenza Cossotto

aprile 22, 2024

Auguri di buon compleanno a Fiorenza Cossotto.

Per le notizie biografiche:

https://bibliolmc.uniroma3.it/node/1424

La Cossotto come Suor Matilde nei Dialoghi delle Carmelitane alla Scala nel 1957

Un articolo interessante:

https://www.operaclick.com/biografie/cossotto-fiorenza

Fiorenza Cossotto come Azucena con Luigi Roni e Sherril Milnes alla Scala nel 1978
La Cossotto come Principessa di Bouillon con Peter Dvorsky alla Scala nel 1991

Per chi ha tempo una bella intervista:

https://www.bruceduffie.com/cossotto.html

Vikram Francesco Sedona e Ottavio Dantone alla OSN Rai

aprile 21, 2024
Vikram Francesco Sedona nel Concerto n. 22 di Viotti ©S.Bertani

“Un artista che respira e canta, di meravigliosa maturità, che è stato l’unico a ottenere il silenzio assoluto del pubblico” (La Libre Belgique). Si riferisce a Vikram Francesco Sedona, “Quando imbraccia il suo
violino Vikram Sedona fa presto a conquistare la platea, esibendo una cavata generosa ed un fraseggio potentemente espressivo”. A soli 23 anni sta già conquistando la scena musicale internazionale. Per il 18° concerto della Stagione Rai ha scelto una pagina di grande virtuosismo: Il Concerto n. 22 in la minore di Giovan Battista Viotti. Quest’anno ricorre il bicentenario della morte di Viotti ed era giusto ricordarlo con la sua composizione forse più famosa, che fu ammirata da Joachim e da Brahms: “una meraviglia, con una notevole libertà di invenzione; suona come se fosse improvvisato, e tutto è concepito e disegnato magistralmente”. Il Concerto ha trovato in Sedona l’interprete ideale. Accompagnato dall’OSN diretta da Ottavio Dantone.

Vikram Francesco Sedona ©S. Bertani

Ai meritatissimi applausi ha risposto con un bis di grande virtuosismo: Lautarul di Enescu.

Ottavio Dantone ©S. Bertani

Dantone ha racchiuso il Concerto tra Spontini e Beethoven: L’ouverture da La Vestale e la Sinfonia n. 8 op. 93.

Il concerto è visibile sulla piattaforma Rai Play.


“Gianni Schicchi” di Puccini e “L’heure espagnole” di Ravel (Opera di Roma) su Rai 5

aprile 19, 2024
©F.Sansoni/Opera di Roma

Scomporre il Trittico di Puccini in tre dittici è stata la bizzarra idea del Teatro dell’Opera di Roma. Non voglio ripetermi a ribadire l’opportunità di seguire le intenzioni dell’Autore che volle le tre opere eseguite nella stessa serata, come almeno quest’anno farà il Regio di Torino e come si fece a Taormina la scorsa estate. Quest’anno al Costanzi ecco l’abbinamento Gianni Schicchi/L’heure espagole che Rai 5 propone in prima serata. Una recensione:

Concerto Kochanovsky – Dueñas da S. Cecilia su Rai 5

aprile 18, 2024

Stasera in prima serata su Rai 5 andrà in onda un concerto eseguito lo scorso febbraio all’Auditorium Parco della Musica in Roma diretto da Stanislav Kochanovsky con Maria Dueñas come solista.

Stanislav Kochanovsky e Maria Dueñas a S:Cecilia ©Musacchio/Pasqualini

Programma russo: Rimskij Korsakov, Ciaikovskij, Rachamaninov. Il programma verrà aperto dal Capriccio spagnolo di Rimskij-Korsakov, che conquista grazie alla brillantezza dell’orchestrazione, al folklore e alla ricchezza di colori e di ritmi.

Stanislav Kochanovsky dirige Capriccio Spagnolo ©Musacchio/Pasqualini

 Stanislav Kochanovsky è regolarmente ospite dell’Accademia a partire dal suo debutto avvenuto nel 2014.  Kochanovskiy, classe 1981, ha maturato una profonda conoscenza ed esperienza del repertorio sinfonico e operistico durante i suoi anni come direttore del Teatro Mikhailovsky e della State Safonov Philharmonic Orchestra.

Maria Dueñas ©Musacchio/Pasqualini

 La giovanissima violinista Maria Dueñas, nata nel 2002 a Granada e scoperta all’età di soli dodici anni da Marek Janowski, che la diresse in un concerto sul podio della San Francisco Symphony nel 2014, a Santa Cecilia interpreta uno dei brani più amati del repertorio, il Concerto per violino di Čajkovskij. Scritto nel 1878, il Concerto è ricchissimo di inventiva melodica, con un’orchestrazione magistrale ed è tra le pagine più virtuosistiche mai scritte per lo strumento.  

La Dueñas e Kochanovsky rispondono agli applausi ©Musacchio/Pasqualini

In chiusura la Terza Sinfonia di Rachmaninoff, scritta a Lucerna tra il 1935 e il ’36, che risente della grande malinconia per la Russia, abbandonata per sempre dal compositore nel 1917, dopo la Rivoluzione d’ottobre.  

Stasera ore 21:15. Rai 5 nel pomeriggio anticipa il Concerto riproponendo il primo concerto diretto da Kochanovsky a Santa Cecilia quando sostituì Yuri Temirkanov indisposto.

N:B.. ho riportato alcune frasi tratte dal sito dell’Orchestra.©

I miei “Evgenij Onegin” a Torino e … non solo

aprile 17, 2024

La visione in videocassetta di una edizione dell’opera di Ciaikovskij mi ha fatto tornare in mente le edizioni viste da me in teatro del capolavoro del Musicista. La prima volta fu alla Scala di Milano: un’edizione mitica del Bolshoi di Mosca in tournée nel Teatro milanese. Sono trascorsi 50 anni e 5 mesi ma l’emozione è ancora viva in me.

Era appunto l’11 novembre 1973 ed era la quarta rappresentazione dell’opera. Lo spettacolo era quello del Bolshoi firmato Boris Pokrovskij che rimase in repertorio a Mosca ancora per tanti decenni. A me allora parve bellissimo e devo dire che ad esso rimasi affezionato al punto che acquistai il DVD di una ripresa risalente a tempi più vicini a noi. Siamo nel mito se si legge il cast: Galina Vishnevskaja Yuri Mazurok, Alekseij Maslennikov (che subentrava a Vladimir Atlantov), insomma le colonne del Bolshoi di allora.

Galina Vishnevskaja © E. Piccagliani

Ecco cosa scrisse Massimo Mila nella recensione dello spettacolo: “La loro grandezza sta nel contributo costante ch’essi recano alla costruzione del dramma, senza strafare, soprattutto il gentilissimo soprano. Mai che si avverta in questi cantanti l’intenzione di prevalere personalmente sull’opera rappresentata: nonostante la loro eccellenza singola, totale è la subordinazione all’insieme. Servire la musica e il teatro con devozione è la loro regola costante. Recitando con ammirevole naturalezza, si infilano nelle loro parti come in un vestito fatto su misura….Tanta è la sobrietà della Vishnevskaia, che può anche aver lasciato l’impressione d’avere relativamente «poca scena». Perché lei non fa la grande scena tragica, non piazza un urlo belluino nell’acuto finale, quando fugge virtuosamente dalle braccia di Oneghin rinunciando per sempre alla felicità. Ma con che finezza questa bella signora, moglie del grande violoncellista Rostropovic, e madre di due ragazzi di 18 e 15 anni, tratteggia nel primo atto la trepida adolescenza di Tatiana, con un visetto di giovinetta pensosa ed imbronciata, Con la seriosità scontrosa di un’anima che si apre vibrando al supremo impegno della vita d’una fanciulla, l’amore! E che nobile, opulenta matrona compone poi nell’ultimo atto, quando è ormai sposa assestata, e certamente infelice, del noioso principe Gremin!“L’allestimento è, ci si dice, in piedi da trent’anni ed infatti non ha bisogno d’essere toccato. Le scene di Piotr Viliams, la regìa di Boris Pokrovskij, la tenue ma storicamente funzionale coreografia (direttori del ballo Vladimir Varkovitzkij e Olga Tarasova) compongono un quadro che è classico e nel quale rivive tutto un mondo, tutta una civiltà, una cultura. Nel primo atto, con la villa in campagna affacciata sul giardino, siamo in compagnia di Cechov, e Tolstoi fa capolino con l’apparizione del coro di contadini. Nell’ultimo atto, col luminoso e splendido salone della festa da ballo,fatto oggetto d’un applauso irresistibile, la magnificenza della «bella vita» zaristica è ricostruita con scrupolosa oggettività storica, e tra quelle eleganti coppie di ballerini par quasi di vedere aggirarsi Piotr e Natascia, Volkonskij e il loro mondo variopinto, tanto sfarzoso quanto avviato alla scadenza lontana del crollo. Del successo, delineatosi nel corso dell’opera dopo una quasi freddezza iniziale, si è detto. Applausi a scena aperta per tutti i personaggi principali, e alla fine gli interpreti richiamati decine di volte alla ribalta, lancio di fiori, il pubblico che non si decideva più a lasciare la sala.” © La Stampa.

La Vishnevskaja risponde agli applausi © E. Piccagliani

Vorrei ancora ricordare la bella direzione di Fuat Mansurov e la straordinaria Orchestra. Ho ancora nella mente il suono del corno di Aleksandr Riabinin nella scena della lettera: mai ascoltato nulla di simile.

Dopo un inizio così emozionante dovetti attendere circa dieci anni (aprile 1983) per assistere al Regio di Torino a quella che fu, credo, la rappresentazione dell’opera nel Teatro torinese dopo 102 anni. Cantata in italiano (purtroppo). Interpreti: Mietta Sighele (Tatiana), Nelson Portella (Onegin), Ezio Di Cesare (Lenskij), Elena Zilio (Olga), Alfredo Zanazzo (Gremin). Yuri Ahronovich direttore, allestimento e regia di Sylvano Bussotti. Mila scrisse: “Un’opera simile, tutta trepida e delicata, ha in Ahronovitch e in Bussotti gli interpreti più congeniali che si possano desiderare. Conoscevamo Ahronovitch come direttore piuttosto esuberante e sanguigno. Qui maneggia la bacchetta con mondana delicatezza: è tutto sentimentalismo, tenerezza, turbamenti giovanili. Bussotti sfoga il suo gusto del kitsch in un’orgia di siparietti floreali, necessari a staccare i sette episodi dell’opera, ed avvolge le scene in trasparenze di veli e in giochi di luce variamente diffusa su colori di pastello. I costumi femminili formano la più elegante delle collezioni. In questo giusto inquadramento dell’opera, cui si adeguano anche le appropriate coreografie di Sara Acquarone per le danze, ora rustiche ora mondane, e il coro istruito da Fulvio Fogliazza, la compagnia vocale canta e recita con misura sostanzialmente accettabile, come tirata da due fili convergenti e invisibili: la tenerezza della direzione musicale e il sentimentalismo lievemente ironico della regia. Mietta Sighele è Tatiana, la sorellina Olga è la Zilio, una specialista del ruolo (quanto dovette esser presente, quest’opera, a Massenet quando compose il Werther!); Laura Bocca la loro madre, Anna Di Stasio la niania. Onieghin è il baritono Nelson Portclla, Lenski il tenore Ezio Di Cesare, il basso Zanazzo è il principe Gremin e il tenore Mario Ferrara il comico maestro di francese Triquet. Non saranno voci eccezionali, ma cantano come si deve in quest’opera tutta misura e discrezione.” © La Stampa

Dopo di che si giunse al gennaio 1998, sempre al Regio, stavolta in russo e con un cast che comprendeva Mirella Freni nel ruolo di Tatiana.

Mirella Freni in una scena di Onegin © Ramella Giannese

Mi considero fortunato e forse anche “privilegiato” per aver ascoltato dal vivo nel ruolo di Tatiana Mirella Freni che in Tatiana finì quasi per identificarsi divenendone l’interprete di riferimento: il merito in parte andò a Vladimir Delman, che quest’opera conosceva e amava, che curò l’edizione al Comunale di Bologna con la Freni protagonista. La Rai trasmise le prove di quella edizione, ma stranamente poi non riprese l’opera. Proprio lo spettacolo di Bologna fu quello che il Regio allestì nel gennaio 1998 affidandone la regia a Vittorio Borrelli. Spettacolo tradizionale come ancora si usava allora. La direzione era di Emil Tabakov. Accanto alla Freni un cast di tutto rispetto con Roberto Servile nel ruolo eponimo, Sergej Larin (Lenskij), Nikolai Ghiaurov (Gremin), Claudia Nicole Bandera (Olga).

MIRELLA FRENI E NICOLAI GHIAUROV NEL III ATTO DI EVGEN ONJEGIN ©Ramella Giannese

Ecco cosa scrisse Giorgio Pestelli nella recensione dello spettacolo: “La compagnia vocale è più che competente: la Tatiana di Mirella Freni resta un esempio di come si possa identificarsi in una parte; non solo impadronendosi di una lingua lontana (l’edizione è in russo con i sopratitoli italiani), ma assorbendo poco per volta il personaggio immortale; accenti, slanci, riflessioni, tutto era dosato con commovente verità; e non solo nella scena della lettera, dove la Freni grandeggia, ma anche nell’ultimo quadro: dove l’autore ha fretta di chiudere e tuttavia lei conferisce decisivo rilievo al rifiuto di Tatiana. Ammirevole pure Sergej Larin: anche il suo Lenskij possiede l’«intonazione» stilistica giusta, lontana dallo sfogo canoro italiano e basata sulla lirica da camera russa appena rialzata di grado. Roberto Servile è un Onegin vocalmente positivo, ma in scena non ha certo l’aria disincantata, la freddezza delusa del personaggio; molto in parte Claudia Nicole Bandera, un’Olga insieme ingenua e capricciosa; e naturalmente Nicolai Ghiaurov è un «principesco» principe Gremin; bene anche Tamara Tarskikh, la padrona di casa, e Silvana Silbano, la tata, nel primo quadro troppo poco distinguibili nel vestire. Emil Tabakov dirige l’orchestra del Regio con esiti soddisfacenti in tutta la parte brillante e in quella di azione; ma molto meno persuasivi per quanto riguarda l’eleganza, la legatezza, lo sfumato, così essenziali a quest’opera; il palpito dei contrattempi sempre troppo netti, il fraseggiare duro, senza quella patina di melanconia che si posa un po’ su tutto (anche sul piffero del pastore mattutino). Simile la regia di Vittorio Borrelli, bene il movimento d’assieme (coreografie di Tiziana Tosco), con l’audacia di far muovere il coro (diretto da Bruno Casoni) a tempo di polacca; ma meno a fuoco i caratteri singoli; e non si vede ragione di costringere al suicidio Lenskij nella scena del duello: è il solito errore di far passare Ciaikovskij per patetico, laddove si serve freddamente del pathos.” © La Stampa

Mirella Freni e Roberto Servile in una scena di Evgenji Onegin © Ramella Giannese

E così giungo al maggio 2013. Di questa scrissi già in questo blog e rimando all’articolo di allora:

Scena della lettera ©Ramella Giannese

In conclusione, escludendo ovviamente l’edizione del 1881, ho visto tutte le edizioni dell’Evgenij Onegin date al Teatro Regio di Torino: poche tutto sommato. Tra queste metterei in cima alle preferenze quella del 1998 per la presenza della Freni. Posso sperare in una futura edizione?