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IL TRITTICO di Puccini al Teatro Regio di Torino

giugno 25, 2024

La rappresentazione del Trittico (Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi) in un’unica serata così come voleva l’Autore è un evento raro, bisogna aspettare centenari, centocinquantenari per sperare di vederlo. Lo smembramento delle tre opere iniziò subito, quando l’Autore era ancora in vita. L’opera più sacrificata fu Suor Angelica, seguita dal Tabarro, rimase più in repertorio Gianni Schicchi, che da subito ebbe successo. Il Regio di Torino non fece eccezione: l’ultima volta del Trittico in unica serata fu nel 1982 e fu salutata come un evento. Le opere che lo compongono non ebbero eccessiva fortuna: Gianni Schicchi ricompare nel 2014 abbinato a Una tragedia fiorentina di Zemlinsky, Suor Angelica nel 2015 abbinata a Goyescas di Granados, Il Tabarro era previsto nel 2017 abbinato a Pagliacci ma non se ne fece nulla e Pagliacci rimase da sola. Mi sarei quindi aspettato un “tutto esaurito” invece di trovare una sala dal pubblico scarso con interi settori semideserti. Lo spettacolo è coprodotto con La Monnaie di Bruxelles dove andò in scena nel 2022 e fu anche trasmesso in tv da Arte con la possibilità dello streaming sulla piattaforma per alcune settimane. Tobias Kratzer, il regista, ha utilizzato per ciascuna opera un diverso registro espressivo: il fumetto per Il Tabarro, il cinema per Suor Angelica , la tv per Gianni Schicchi, con dei rimandi all’interno di ciascuna opera. Michele guarda in tv un reality che scopriamo essere Gianni Schicchi, le suore di nascosto leggono un fumetto che narra le vicende del Tabarro, Buoso Donati ascoltando in disco il finale di Suor Angelica è spinto a cambiare il testamento e muore di infarto.

Scena del Tabarro © D. Ratti

Come si vede la scena è divisa in quattro ambienti disposti come le vignette della pagina di un fumetto.

Scena da Suor Angelica © D. Ratti

In Suor Angelica sul fondale è proiettato in b/n ciò che avviene fuori scena.

Scena da Gianni Schicchi ©D. Ratti

In Gianni Schicchi il tutto si svolge in un reality televisivo con la presenza del pubblico sulle gradinate.

Credo che sia inutile domandarsi la necessità di questa messinscena, ormai i registi d’opera hanno carta bianca e delle indicazioni del libretto, per altro in questo caso molto puntuali, se ne infischiano. Comunque lo spettacolo funziona abbastanza nel Tabarro, un po’ meno in Suor Angelica dove il film compromette l’intimità di alcuni momenti, per niente in Gianni Schicchi involgarito al massimo. È un mio parere e va preso come tale. Le cose vanno molto meglio sul piano musicale dove emerge l’ottima direzione di Pinchas Steinberg, uno dei migliori direttori che il Regio scrittura. I tempi sono lenti per adeguarsi ai movimenti dello spettacolo, il suono non copre mai le voci e si riesce a sentire ogni parola. Roberto Frontali è uno straordinario Michele nel Tabarro e un ottimo Gianni Schicchi. Elena Stikhina è Giorgetta nonché Suor Angelica, ottima in entrambi i ruoli anche se emerge di più in Suor Angelica forse più adatto alla sua vocalità. Samuele Simoncini è un Luigi efficace, così come Matteo Mezzaro nel ruolo di Rinuccio. Anna Maria Chiuri è una Zia Principessa agghiacciante, si conferma sempre un’ottima interprete. Un vero lusso la Badessa di Monica Bacelli e la Zita di Elena Zilio che a 83 anni lascia stupefatti per voce e interpretazione. Lucrezia Drei è una deliziosa Lauretta. Annunziata Vestri (Frugola e Suora Zelatrice) si mette in luce in entrambi i ruoli. Una menzione a Gianfranco Montresor (Il Talpa e Simone), a Roberto Covatta (Il Tinca e Gherardo). Ottimo come sempre il Coro. Applausi al termine di ogni opera e una contestazione, isolata, al Regista al termine del Tabarro.

Pier Luigi Pizzi al Teatro Regio di Torino: “Il matrimonio segreto” di Cimarosa e “Violanta” di Korngold

febbraio 2, 2020

plp

Pier Luigi Pizzi è un “giovane” quasi novantenne (lo scrivo senza alcuna ironia e con il massimo rispetto, poiché ha una vitalità, una energia, una apertura mentale che i suoi colleghi quarantenni potrebbero invidiargli e a buon titolo). Al Regio di Torino nello scorso mese ha curato regia, scene e costumi di ben due opere andate in scena in contemporanea. Pizzi dopo una attività intensa di scenografo e costumista anche nell’opera si cimentò anche nella regia esordendo proprio al Regio di Torino con il Don Giovanni di Mozart nel maggio 1977. Essendo anch’io un “giovanotto” over…. posso vantare di aver assistito a questo esordio: spettacolo indimenticabile anche per la presenza di Ruggero Raimondi nel ruolo eponimo.

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Scena dal Don Giovanni del 1977

I ritorni di Pizzi al Regio sono stati sempre salutati con successo e ammirazione. Vale anche per questa volta. Il matrimonio segreto è la ripresa di uno spettacolo andato in scena a Martina Franca la scorsa estate, adattandolo al palcoscenico del Regio di Torino. Il Regista ha dichiarato di aver in passato curato la scenografia dell’opera trovandola “noiosa”, per cui curandone stavolta anche la regia ha cercato di togliere in essa quegli elementi che secondo lui la rendevano tale. Insomma traspone l’opera dal Settecento alla nostra contemporaneità. Operazione tutt’altro che indolore, almeno a mio modesto avviso, perché se lo spettacolo ci guadagna forse in spigliatezza, anche grazie all’eccellente compagnia di canto, perde però quell’equilibrio, quella moderazione, quel fascino che solo nell’ambientazione originale vengono pienamente in luce.

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Cimarosa è spesso messo in confronto con Mozart e con Rossini, ma non è nessuno dei due. Ci sono momenti che richiamano il Mozart delle Nozze di Figaro (d’altronde la prima assoluta dell’opera ebbe luogo pochi mesi dopo la morte di Mozart) e altri che sembrano anticipare Rossini (che era un neonato di 7 giorni il giorno della prima del Matrimonio Segreto), ma il titolo ha una sua precisa connotazione, che va assolutamente rispettata. Secondo me in questo spettacolo si perde in larga parte, anche perché la comicità in esso sconfina spesso con la volgarità che è del tutto assente nell’originale. MatrimonioSegreto_262

L’esempio più pertinente è la scena in cui Fidalma dichiara le sue intenzioni a Paolino: qui Fidalma è presentata come una milf da pornovideo, il che diverte il pubblico, ma tradisce il sottile erotismo pieno di sottintesi e ambiguità dell’originale.

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Per non parlare poi del finale secondo in piena luce senza quindi quell’ambientazione notturna che ne amplifica la poesia qui del tutto assente. Peccato! Mi spiace davvero dissentire dalle scelte di un Regista che ammiro da decenni: mi sorge il dubbio che continui a non amare quest’opera, un grande come lui sarebbe riuscito benissimo a rendere gradevolissimo lo spettacolo lasciandolo nel Settecento. Eccellente la compagnia di canto (Marco Filippo Romano, Markus Werba, Carolina Lippo, Eleonora Bellocci, Alasdair Kent, Monica Bacelli) , ottima la direzione d’orchestra (Nikolas Nägele).

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È andata decisamente molto meglio con Violanta di Erich Wolfgang Korngold. Una prima italiana assoluta. L’opera ebbe il battesimo nel 1916 sotto la direzione di Bruno Walter. Korngold aveva diciassette anni quando la compose ma dimostra già una notevole maturità stilistica. Sono certo evidenti in essa influssi straussiani, mahleriani, wagneriani (più che altro nella lunghezza del duetto), dell’operetta di Lehár, ma il tutto è assimilato mirabilmente in uno stile già personale che si ritroverà anche nelle celeberrime colonne sonore composte per il cinema di Hollywood.Violanta_2

Pizzi sposta anche qui l’ambientazione dal Rinascimento veneziano dell’originale agli anni 20 del Novecento, però la cosa tutto sommato funziona, anche perché la cornice rinascimentale obbediva a una consuetudine del momento che aveva gli esempi più noti in Eine florentinische Tragödie di Zemlinsky, ambientata a Firenze, e in Die Gezeichneten di Schreker, ambientata a Genova. Non c’è alcun riferimento musicale all’epoca e il libretto ha molte imprecisioni temporali: si cita un Teatro Felice (la Fenice, sorta però alla fine del Settecento), si fa confusione tra il Carnevale e la Festa del Redentore, agostana, spesso letteralmente citata. Insomma la vicenda può andar bene anche nel Novecento, tanto più che molti personaggi sono in maschera. Pizzi monta una scenografia sontuosa e raffinata pur nella sua semplicità. I costumi sono elegantissimi. La regia è estremamente curata.

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La parte musicale gode della superlativa direzione di Pinchas Steinberg. Il Direttore ha un rapporto di lunga durata con il Regio e spero tanto che la novella direzione artistica lo mantenga. Figlio d’arte (il padre William fu uno dei maggiori direttori del Novecento) è un eclettico capace di dare il massimo in ogni repertorio, in particolare il Tardo Ottocento e Primo Novecento.

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La compagnia di canto è di alto livello: protagonista Annemarie Kremer, di notevole bellezza e presenza scenica, affiancata da Michael Kupfer-Radecky e da Norman Reinhardt.

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Notevolissima Anna Maria Chiuri nel ruolo della nutrice Barbara, secondo me la più brava.

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Peter Sonn, Soula Parassidis, Joan Folqué, Cristiano Olivieri, Gabriel Alexander Wernick, Eugenia Braynova, Claudia De Pian completavano il cast.

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Naturalmente va menzionato l’ottimo Coro del Regio istruito da Andrea Secchi.

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Pubblico numeroso alla Violanta con spettatori che ritornavano dopo averla vista pochi giorni prima, scarso invece al Matrimonio Segreto con circa mezza sala vuota.

Sinfonie russe con Pinchas Steinberg al Regio di Torino

marzo 28, 2015

Pinchas Steinberg

Pinchas Steinberg ha un rapporto costante con il Teatro Regio di Torino. Torna quasi annualmente a dirigere produzioni operistiche e concerti sinfonici. Un rapporto di lunga durata premiato da esiti notevolissimi. Come quello del concerto del 26 marzo u.s. il cui programma abbinava due sinfonie russe. La rarissima e poco conosciuta Seconda in do minore op.19 di Dmitri Kabalevskij e la celeberrima Sesta in si minore op.64 di Ciaikovskij. Ovviamente l’attrattiva era la Seconda Sinfonia di Kabalevskij, che probabilmente era in prima esecuzione torinese. Composta nel 1934 da un autore ligio alle direttive di regime consta di tre movimenti. Il culmine espressivo è forse l’Andante non troppo centrale. Rimane di questa sinfonia una testimonianza toscaniniana del 1949. Poche le incisioni discografiche (l’instancabile Neeme Järvi), per cui l’esecuzione affidata alla bacchetta di Pinchas Steinberg è stata una ghiotta occasione da non perdere. Tanto più che l’Orchestra del Regio è stata magnifica sia nell’insieme che negli assoli. Intensa anche l’esecuzione della Patetica di Ciaikovskij con una orchestra in grande spolvero. L’Orchestra del Teatro Regio conferma una ennesima volta l’eccellente livello raggiunto, pari ormai (secondo me) a quello della concittadina OSN Rai: merito del Direttore principale e dei direttori di alto livello che sono chiamati a dirigerla. Ovazioni finali meritatissime a Orchestra e Direttore.