Gustav Mahler
Per tre giorni di seguito Rai 5 trasmette nei concerti meridiani tre edizioni della Seconda Sinfonia di Gustav Mahler “Resurrezione” registrate a Torino con l’Orchestra della Rai. La prima risale al 1983 con Giuseppe Sinopoli sul podio. La seconda al 2006 con Frühbeck de Burgos fu eseguita in occasione del rientro dell’Orchestra nelle sede storica di via Rossini. Con la terza siamo allo scorso anno (2014) con Juraj Valčuha sul podio.
L’esecuzione del 1983 inaugurò la Stagione della allora Orchestra di Torino e il M° Sinopoli fece delle prove aperte al pubblico per l’occasione. Ecco cosa dichiarava in una intervista su La Stampa: “Maestro Sinopoli, amare Mahler, capire Mahler.- «Credo che Mahler possa essere molto più amato che esattamente capito. Può essere capito da persone che abbiano profonda assuefazione al pensiero e alla cultura mitteleuropei, certamente non da coloro che vivono la provincializzazione di questa cultura nei salotti milanesi Ma di più può essere amato e forse qui è la ragione del suo successo presso il pubblico. Ci appartiene,, riflette a diversi livelli di coscienza le rotture che noi viviamo con il passato ogni giorno del nostro presente».”…. “Come lo si interpreta oggi? <<Le maniere in cui oggi schematicamente, rlduttivamente, si interpreta Mahler sono due: una di tipo analitico, e castrante, che fa di lui un autore più o meno dello stesso livello di Prokofiev; cioè una lettura in cui si crede che il contenuto si identifichi perfettamente con le strutture che lo sottendono. L’altra: una lettura emozionale, hollywoodiana, tesa soprattutto a mettere in risalto le apparenti euforie megalomaniache delle partiture di Mahler»… “Sinopoli propone un’alternativa? «Quella di creare un continuo confronto tra i materiali storici mahleriani, utilizzati al di là della loro funzione storico-grammaticale, e le ragioni del richiamo o della rievocazione di questi materiali. Di evidenziare insomma il disagio tra gli oggetti di rifiuto, la macerie del Landler, i fantasmi delle trombe delle caserme austriache, gli ostinati funerari che come pendoli neri di morte si muovono in parallelo coi movimenti della culla. In una parola quel disagio così angosciante tra le spinte regressive in senso psicoanalitico di Mahler, che superando il limite dell’Infanzia all’indietro coincidono col vuoto e quindi con la morte, e una volontà tutta storica di comporre, dunque di ricomporre un’identità dell’io». © La Stampa
L’esecuzione diretta da Frühbeck ebbe 20 (venti) minuti di applausi, forse anche per l’evento. Riporto in parte quanto Paolo Gallarati scrisse in merito su La Stampa:
“…Rafael Frühbeck de Burgos ha attaccato con impeto il primo movimento della Sinfonia, aperto da quella ventata che sorge dagli archi, perdura come un’idea fissa nelle convulsioni di violoncelli e contrabbassi, e allunga, sull’immenso paesaggio della Sinfonia, un’ipoteca tragica. La Seconda di Mahler è vasta come il mondo. Persino lo spazio tradizionale della sala da concerto non riesce più a contenere quella vastità: alcuni strumenti suonano, difatti, fuori scena, prolungando l’orizzonte in spettacolose prospettive. Siamo così avvolti dall’eco, circondati dal mistero. Il mistero della vita, dilaniata dai suoi contrasti, dove il sublime sta accanto al grottesco, connubio fatale, in tutto il romanticismo, da Verdi a Wagner, da Victor Hugo a Dostoievskij, da Schubert a Beaudelaire.
Frühbeck de Burgos ha esaltato questi contrasti, e l’orchestra l’ha seguito assai bene: i dieci corni, quando si sono alzati in piedi per ricevere gli applausi del pubblico, sembravano riassumere l’orgoglio di tutta una tradizione. Bene ha fatto anche il Coro «Ruggero Maghini» (direttore Carlo Chiavazza) che, nell’ultimo movimento, ha cantato l’inno «Risorgerai» intriso di severità altotedesca, cioè di classicità brahmsiana, più che di affetto schubertiano. Questo trabocca, invece, nel canto della «Luce primigenia», dove la voce del contralto si immerge in un caldo e intimo misticismo (ottima Sara Mingardo che, accanto al soprano Elisabeth Norberg-Schuelz, era impegnata nella parte solistica); e, soprattutto, nel meraviglioso moto perpetuo del terzo movimento, dove Mahler utilizza in versione orchestrale il Lied della «Predica di S. Antonio ai pesci»: il movimento dell’acqua ci immerge improvvisamente nella vita della natura che, in Mahler, non è solo idillio ma espressione di una totalità demonica, ossia, insieme, bellezza e paura. Un mondo, dunque, come si diceva: ed è proprio questa sensazione di universalità che l’esecuzione di de Burgos è riuscita a trasmetterci l’altra sera, lasciandoci contemporaneamente scossi e appagati.” ©La Stampa/Paolo Gallarati
Così sulla esecuzione del 2014 diretta da Valčuha:
“Un folto pubblico ha accolto, nell’Auditorium Rai, l’esecuzione della Seconda Sinfonia di Mahler diretta da Juraj Valchuha, uno degli impegni più rilevanti della stagione sinfonica: l’Orchestra Rai al gran completo e il Coro Maghini diretto da Claudio Chiavazza gremivano il palcoscenico, riempiendo la sala con una potenza di suono quasi sempre ben controllata dal direttore. La Seconda rivela il dissidio profondo alla base di tutta l’opera di Mahler: il contrasto tra il peso della materia e l’anelito alla spiritualizzazione. Aggressivo e brutale il primo movimento, condizione del rovesciamento che, nei successivi, porterà alla trasfigurazione del finale da cui la Sinfonia prende il titolo:Resurrezione.Valchuha ha seguito bene questo itinerario, privilegiando gli aspetti elegiaci, trasfigurati, rispetto a quelli tragici. La qualità dell’esecuzione è parsa altamente sostenuta in tutte le pagine in cui il suono diventa leggero, rarefatto. Ben centrata l’ironia del terzo movimento, in cui Mahler, con una riuscita fenomenale, rielabora il Lied della predica di S. Antonio ai pesci: un affresco di natura idillico e pittoresco, che mette in gioco tutti i colori dell’orchestra. Bene anche l’ultima parte, con il corno fuori scena, le fanfare esterne alla sala che echeggiano come appelli apocalittici, e una prestazione maiuscola del Coro Maghini, mai come stavolta fuso in sonorità morbide e ricche. Il mezzosoprano Michelle Breedt, che cantava insieme al soprano Malin Hartelius, ha eseguito egregiamente il Lied dellaLuce originaria. Forse maggior controllo si poteva auspicare per le pagine ad altissimo volume. Esito comunque festoso.” © La Stampa/Paolo Gallarati
Su questa mi si perdoni l’autocitazione: