
Daniel Harding
Stasera in prima serata andrà in onda su Rai 5 un concerto della Filarmonica della Scala diretta da Daniel Harding eseguito il 27 settembre u.s.. In programma The unanswered question di Charles Ives e la Quinta Sinfonia di Gustav Mahler. Rimando a una recensione della serata:
Settimana mahleriana quindi su Rai 5.

Mahler in una acquaforte di Emil Orlik del 1902, anno della composizione della Quinta Sinfonia
I non giovanissimi, come me, forse ricordano che fu proprio l’Adagietto della Quinta a contribuire notevolmente a far giungere il “tempo di Mahler” almeno da noi in Italia. Fu, come molto spesso avviene, il cinema a dare questo contributo con il film di Visconti “Morte a Venezia”.
L’Adagietto divenne popolare al punto che la DGG ne mise in vendita un 45 giri (diretto da Kubelik). Era il 1971. La Quinta divenne allora la Sinfonia di Mahler più conosciuta, almeno dal grande pubblico. Forse non fu un caso che Karajan iniziò proprio dalla Quinta (febbraio 1973) la sua purtroppo incompleta discografia mahleriana. Come ho scritto altrove fui testimone, senza saperlo, della prima esecuzione integrale torinese (salvo errori) della Quinta Sinfonia nel gennaio 1970. Indimenticabile perché sul podio era Sir John Barbirolli che ne diede una interpretazione straordinaria: il grande Direttore morì sei mesi dopo. Per curiosità vorrei riportare cosa scrisse Massimo Mila su La Stampa sulla Quinta in occasione di quel concerto.
“…la Quinta, tragico affresco le cui tinte si vanno schiarendo nel corso dei cinque movimenti. La disperazione funebre del primo tempo, resa esplicita da una lacerante reminiscenza dei Kindertotenlieder, si prolunga nella drammatica volontà di sfida e di lotta del secondo tempo, che insieme al primo costituisce la prima parte. Poi, da solo, l’immenso Scherzo, intessuto di grevi danze rustiche alla tirolese, trattate con uno sfoggio eccezionale di contrappuntismo. Poi il celebre « Adagietto » per archi e arpa, il cui dolce lirismo rievocativo « sfiora il quadretto di genere», secondo Adorno. Esso dà inizio all’ultima parte, coronata da un immenso finale in forma di rondò, proclamazione di un attivistico ottimismo sul quale, tuttavia, pare pesare una specie di sforzo. La chiusa è fornita da un grandioso corale, in stile bruckneriano, che non piaceva ad Alma Mahler, e chissà che la capricciosa, fatale e bellissima donna non avesse tutti i torti. Molti studiosi scòrgono in questa Sinfonia una svolta dell’arte mahleriana, dopo le tre precedenti che tutte accoglievano negli schemi sinfonici parti cantate. Oggi questa tesi della svolta è autorevolmente combattuta. E tuttavia sembra indubbio che si avverta nella Quinta una specie di rinuncia, o per lo meno una specie di sordina imposta alla dolce intimità della vena liederistica, per la ricerca di più severi ideali sinfonici, sviluppati poi nelle opere successive. L’ampia e maestosa composizione, che impegna duramente l’enorme orchestra, con particolare predilezione per gli ottoni, è stata ascoltata con profonda attenzione, procurando al direttore altri vivissimi applausi, non inferiori a quelli con cui era, stata accolta la prima parte del programma.” © La Stampa 25/01/1970
Nella prima parte del programma era stata eseguita la Sinfonia n.83 di Haydn.